Il dilemma dei ciellini: lista cattolica con Silvio o Ppe italiano col Prof

Il ritorno in campo di Berlusconi ha diviso il movimento. La partita è aperta. E c’è chi vuol andare con Bersani. Mauro contro il Cav dopo l'addio forzato di Monti. La Ronzulli: "Lasci il Pdl"

Roberto Formigoni e Maurizio Lupi
Roberto Formigoni e Maurizio Lupi

C’è grande fermento (e tormento) nell’area cattolica del Pdl. E so­prattutto nell’ala ciellina, quel braccio più secolare che ha scel­to l’impegno politico all’ombra del berlusconismo. Un univer­so, quello di Comunione e libera­zione, sull’orlo di un big bang do­po la discesa in campo di Silvio Berlusconi che invece di calma­re le acque ha eccitato gli animi. Così come ha scaldato il mondo cattolico l’intervista al Corriere del cardinale Angelo Bagnasco, il presidente della Cei che difen­de il premier dimissionario Ma­rio Monti.

Benzina su un fuoco che arde­va da tempo, soprattutto tra gli eredi di don Giussani divisi tra un leader in declino come Ro­berto Formigoni azzoppato da­gli assalti giudiziari e la necessi­tà di trovare nuovi condottieri. Non è solo una questione di pol­trone, ma trattandosi comun­que di ex democristiani e politici di professione, di questo anche si tratta. Perché un big del parti­to che ha partecipato agli ultimi vertici, tra cui quello convocato domenica scorsa da Silvio Berlu­sconi nella sua residenza mila­nese di via Rovani con Angelino Alfano e i colonnelli lombardi del Pdl, racconta l’irritazione di Formigoni che si starebbe ren­dendo conto che per lui la strada verso il parlamento si fa acciden­tata. Ancor più dopo che ieri Ber­lusconi ha detto che «solo il 10 per cento dei candidati sarà pre­so dai nostri attuali parlamenta­ri ». Una sforbiciata mortale per la pattuglia ciellina su cui Formi­goni lavorava da tempo e i cui no­mi, oltre al suo, sono tra gli altri quelli di Maurizio Lupi, Mario Mauro, Raffaello Vignali e Rena­to Farina. Messi dal Celeste sul piatto della trattativa per convin­cere Gabriele Albertini a ritirare la sua candidatura alle elezioni regionali in Lombardia e lascian­do così spazio a Roberto Maroni che in cambio riporterebbe la Le­ga nell’alveo del centrodestra al­le politiche. Una trattativa che sembrava a buon punto, fino a che la ridiscesa in campo di Ber­lusconi ha ma­ndato per aria i mi­nuetti da vecchia politica. Furio­sa la reazione dei ciellini che per bocca di Mauro, capogruppo del Pdl al Parlamento europeo, hanno messo nel mirino Berlu­sconi. Dalla cui candidatura a premier con relativa sfiducia al governo dei tecnici, ieri Mauro ha preso le distanze. «Spero che a un momento di follia vera e propria - ha tuonato da Stra­sburgo­segua un periodo di as­sunzione di responsabilità». Quanto a Berlusconi, Mauro ha ricordato che «abbiamo idee di­verse ma gli stessi elettori». Ec­co perché è importante sottoli­neare che «per me il Pdl esiste se si riconosce, come previsto nel suo statuto, nei principi del Ppe».

Se questo non è più vero, «allora non mi riconosco in quel partito». Il Ppe, dunque,

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