La via d'uscita dei governativi: disertare il congresso del Pdl

Gli alfaniani si radunano per mettere a punto la strategia. Senza il 40% delle firme non andranno al Consiglio nazionale. Guerra psicologica: con noi mezzo partito. Pronto un nuovo documento

La via d'uscita dei governativi: disertare il congresso del Pdl

Roma - Il barometro segna tempesta ma c'è ancora chi spera nel sereno. Nonostante la doccia fredda dell'intervista di Silvio Berlusconi all'Huffington Post e nonostante ferite interne difficili da ricucire, nello schieramento degli «innovatori» resiste qualche residuo barlume di ottimismo.

Se da una parte c'è chi come Carlo Giovanardi dice a IntelligoNews che ormai «si deve prendere atto di due sensibilità diverse e sancire la divisione», dall'altra c'è chi continua a tenere viva l'idea che il presidente del partito riuscirà a fare il miracolo e ad evitare la scissione. La cifra stilistica degli alfaniani questa volta non è la fretta di dettare dichiarazioni di fuoco. Piuttosto ci si affida al silenzio, alla prudenza, alla riflessione, forse con la sola eccezione di Roberto Formigoni, fedele al suo ruolo di «falco tra le colombe». L'ex governatore lombardo annuncia: «Nelle prossime ore ci riuniremo e valuteremo la strategia. Puntiamo ancora all'unità del partito». Il riferimento è a un appuntamento fissato per questa sera quando Alfano riunirà i suoi parlamentari alla presenza dei ministri per fare il punto e discutere della nuova «lettera-documento» preparata dagli innovatori con la quale si chiede ancora il pieno sostegno al governo (e sulla quale gli alfaniani annunciano, nella consueta guerra psicologica a distanza, di avere quasi la metà dei consensi dei membri della Direzione nazionale, altro organo statutario del Pdl con circa 160 membri).

I dubbi nello stato maggiore alfaniano sono molti. Il primo riguarda l'effettiva partecipazione al grande appuntamento di sabato prossimo. La domanda che circola è: andare o non andare? C'è chi suggerisce di presentarsi soltanto se effettivamente ci si renderà conto di avere almeno il 35-40% degli aventi diritto. Altrimenti meglio disertare. Le motivazioni di questa assenza potrebbero essere giustificate in due modi. Innanzitutto con il malumore per i criteri di composizione del parlamentino Pdl giudicati poco chiari. In secondo luogo con l'ordine del giorno che fa riferimento soltanto al passaggio a Forza Italia e alle comunicazioni del presidente. Una formula che non prevederebbe il dibattito mentre gli alfaniani vorrebbero avere lo spazio per perorare la loro causa e illustrare le loro posizioni, rivendicando di essere loro i veri difensori della causa berlusconiana.

Chi spera nella pace punta su Angelino Alfano e Maurizio Lupi. Gli unici che possano ancora riaprire un canale di dialogo con Berlusconi. Qualcuno ragiona anche sulla possibilità di far balenare lo spettro del semaforo rosso per Forza Italia da parte del Partito popolare europeo. Uno «stop» che secondo gli «innovatori», potrebbe arrivare da Bruxelles alla luce delle scarse garanzie di democraticità offerte dallo statuto del '94. È evidente, però, che si tratta di tattiche difensive, opzioni di corto respiro che potrebbero essere interpretate come semplici scorciatoie con cui evitare lo scontro. Per questo l'impegno al momento è soprattutto quello di blindare i numeri. Gli alfaniani possono contare su 32 senatori e oltre 30 deputati. Se a Palazzo Madama non albergano particolari dubbi, a Montecitorio si registrano a dubbi e oscillazioni.

Inoltre i più realisti puntano a varcare una soglia minima di 270-300 consiglieri nazionali. Una quota che potrebbe rendere la sconfitta più accettabile e, in caso di permanenza nel partito, ottenere una rappresentanza proporzionale. Senza essere condannati all'irrilevanza.

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