Roma - Sono in molti, nei corridoi della politica, a ironizzare sulle promesse finiane. E a pensare che anche l'allievo di Almirante sia stato sedotto dai corrivi e spicci modi renziani, di quel segretario del Pd che appunto dice una cosa (l'ormai celebre #Enricostaisereno) mentre ne pensa e ne fa un'altra. L'associazione sorge spontanea soprattutto adesso che Fini ha pubblicamente annunciato il suo ritorno nell'agone politico. L'ex leader di Alleanza nazionale, infatti, intervenendo in un convegno a Bari sulle figure di Pinuccio Tatarella e Domenico Mennitti non ha escluso di tornare ad avere un ruolo attivo. I panni da «pensionato» insomma gli stanno stretti e già pensa a una nuova (l'ennesima) formazione politica di centrodestra. Questo, è sempre il pensiero costante dei maliziosi, è dovuto a un uso maldestro della buona fede degli elettori. Ai quali, spesso si dice e si promette una cosa, salvo poi contraddirla con i fatti. I lettori del Giornale, ovviamente ricordano la vicenda della casa di Montecarlo.
Quell'immobile lasciato dalla contessa Anna Maria Colleoni in eredità ad Alleanza nazionale e finito nella disponibilità di Giancarlo Tulliani, cognato dell'allora presidente della Camera. Dopo che lo scandalo e la campagna giornalistica toccarono l'apice (era il 2010), Fini si risolse a un video messaggio urbi et orbi per garantire che, se fosse risultato dagli atti dell'inchiesta che l'immobile apparteneva a Tulliani, lui - Fini - si sarebbe dimesso. Le dimissioni non arrivarono mai nonostante, nel corso dell'inchiesta, alcuni documenti ufficiali provenienti dall'isola di Santa Lucia confermassero la peggiore (dal punto di vista di Fini) delle ipotesi. È vero che, poi, la Procura di Roma si risolse ad archiviare il tutto, ma le ombre (e i dubbi) restarono impressi nella memoria di tanti. Confidando, invece, in una carenza di fosforo nella mente dei telespettatori, sempre Fini promise (era il 28 febbraio del 2011) di lasciare la politica se la sua nuova scommessa (si chiamava Futuro e Libertà) fosse fallita. Si trovava allora nello studio tv di Lilli Gruber a Otto e mezzo e usò espressioni inequivoche: «In questa partita politica mi gioco tutto».
Gli elettori lo presero alla lettera e il suo partito due anni dopo raccolse solo 159mila voti lasciandolo inesorabilmente fuori dal salotto buono della politica. Ed è quel risultato elettorale che le parole (e le promesse) di oggi sembrano contraddire. Ma ormai, continuano a suggerire i maliziosi, quello di Fini più che un vezzo sembra un vizio. E frugando nei meandri della memoria recuperano quella formidabile intervista che rilasciò a Michele Santoro nello studio tv di Annozero (24 febbraio del 2011). Allora disse sprezzante: «Mi dimetterò dalla carica di Presidente della Camera il giorno che Berlusconi lascerà Palazzo Chigi».
Il Cavaliere, poi, lasciò effettivamente la guida del governo nel novembre del 2011, ma Fini restò saldamente in sella. E non si dimise. A fargli mantenere la promessa, con ben 15 mesi di ritardo, furono - obtorto collo - gli elettori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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