Fratelli d'Italia, Atreju e il nulla dell'appropriazione culturale

Puntuale anche quest'anno la polemica su Atreju: Fdi accusata di appropriazione indebita. Ma ecco perché i detrattori della festa si sbagliano

Fratelli d'Italia, Atreju e il nulla dell'appropriazione culturale
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La polemica, prima di tutto. Puntuale ogni anno. Il giorno d'apertura della festa di Fratelli d’Italia arriva immancabile l’accusa di appropriazione indebita. "Giorgia Meloni non è autorizzata a usare il nome di Atreju". Questa volta a montare il caso, ormai stantio, è l'Huffington Post con un'intervista a Roman Hocke, agente letterario e amico dello scrittore Michael Ende, in cui dice chiaramente che il partito della premier "non ha il permesso di politicizzare l'opera dell'autore". È sempre la solita solfa, in passato già stonata da Roberto Saviano (correva l’anno 2021) e da altre penne dell’intellighenzia rossa. "Ende – ripetono sino allo sfinimento – si rivolterebbe nella tomba". E andrebbero tutti lasciati lì a rosicare nella loro stessa brodaglia se non fosse che attaccare oggi militanti, anche molto giovani, che fanno politica combattendo il nulla dell'astensionismo non solo è un lettura miope di quanto sta accadendo in politica ma è prima di tutto un colpo basso a chi ancora ha un ideale.

Atreju è una creatura della Meloni. È lei stessa a organizzarla nel 1998 quando è solo (o ancora soltanto) una giovane dirigente romana di Azione Giovani. Tre anni dopo la festa diventa nazionale e da quel 2001 non salta un solo appuntamento, prima organizzata dalla sezione giovanile di Alleanza nazionale poi, dal 2009, da Giovane Italia (sezione giovanile del Pdl) e infine, dal 2014, da Gioventù Nazionale (sezione giovanile di Fratelli d’Italia). I giovani, dunque. Quelli della militanza vera; quelli che ancora oggi hanno fiducia nella politica e in chi la rappresenta; quelli che, nonostante il nichilismo imperante, si sporcano le mani con i gazebo e le feste di partito. Quando Saviano aveva miseramente paragonato l’impegno di questi ragazzi a un barbaro saccheggio, la Meloni lo aveva liquidato con una frase profetica: "Non cambieranno mai: sono antidemocratici, rancorosi e intolleranti fino al midollo. Fiera di non essere come loro".

E, infatti, loro non sono cambiati. Ancora quest'anno, pur di attaccare la premier, ci ritroviamo con l'Huffington Post a riesumare (ancora una volta) Hocke per ribadire (ancora una volta) che è "inconcepibile associare Atreju a valori divisivi". In realtà quel che è inconcepibile è associare Atreju all’aggettivo "divisivo" perché da sempre la kermesse dà voce tanto a esponenti di destra quanto a esponenti di sinistra. Perché è vero che, dopo aver accolto in passato personaggi come Steve Bannon e Viktor Orbàn, quest’anno avrà tra gli ospiti il presidente argentino Javier Milei. Ma è anche vero che a dialogare ci saranno esponenti politici come Giuseppe Conte e Enrico Letta che con Fratelli d’Italia e la stessa Meloni non sono mai stati teneri. È proprio grazie a confronti come questi che si torna ai veri valori della politica, non quella gridata che si fa oggi sui social network ma quella che nel secolo scorso si faceva durante le feste di partito, quando i militanti (soprattutto quelli più giovani) erano ancora tanti e gli opinionisti non perdevano tempo a discettare sul dna di personaggi fantastici.

Oggi, proprio ad Atreju, Fausto Bertinotti, non certo un pericoloso fascista, ha invitato i presenti ad alzare lo sguardo e a disallinearsi dal sistema. "Il disallineamento oggi – ha spiegato – è tirare il freno e scendere dal treno prima che sia troppo tardi".

Su quel treno oggi ci sono i rancorosi e gli intolleranti che guardano ad Atreju e non a quello che rappresenta. Giù dal treno, invece, ci sono i giovani (anche, ma non solo, di Fratelli d’Italia) che ancora credono nella politica.

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