Diceva poche sere fa a una cena romana un alto dirigente della Federazione della sinistra che «l'accordo fra Casini, Bersani e Vendola è ormai siglato. Ora dobbiamo cercare di farne parte anche noi». Che Prc e Pdci possano davvero riuscirci è forse utopia, ma questo è il punto per capire l'evolversi delle trattative sulla legge elettorale. Dicono il Pd per voce di Luciano Violante e il Pdl con Alfano e Frattini, che la riforma vedrà la luce entro ottobre. Il Pdl vuole accelerare, perché il sistema di voto attuale favorirebbe il centrosinistra. Tanto per dire: l'ultimo sondaggio, di Spincom, dà Pd, Sel, Verdi e Psi al 40,2%, Pdl, Lega e La Destra al 31, il Terzo Polo all'8,9. Dall'altra parte, la coalizione del diavolo e dell'acqua santa non ha alcuna intenzione di fare campagna elettorale presentandosi nella stessa coalizione. Vanno lette così le dichiarazioni di D'Alema e Casini, per i quali «le alleanze si faranno dopo il voto».
Del resto, i centristi sono determinati a non farsi imbrigliare da Sel, di qui il nuovo contenitore che raccolga l'eredità del governo Monti e personalità come Pisanu e Marcegaglia, con Passera candidato premier. Di qui anche il doppio braccio di ferro: sullo sbarramento, che se fosse al 5% come da bozza Bianco affosserebbe le liste centriste. E sul premio di governabilità, che Udc e montiani del Pd vorrebbero dare al primo partito, per sminuire la forza di una coalizione con Sel, e che, specularmente, la sinistra democrat vorrebbe per la coalizione.
Non a caso, ieri un preoccupato Arturo Parisi avvertiva al TgCom24: «Stanno lavorando per sostituire il Porcellum con una legge ancora peggiore», che «ci riporterà a vent'anni fa, coi governi fatti e disfatti in Parlamento». D'altronde è stato lo stesso Violante a dire al Corriere che «la ripartizione dei seggi tra collegi e listini circoscrizionali sembra un fatto acquisito».
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