Romizi: "Lavoriamo sui programmi e uniti ce la faremo ovunque"

Il neosindaco di Perugia ha espugnato la roccaforte rossa dopo oltre mezzo secolo grazie all'alleanza tra Forza Italia, Ncd e Fratelli d'Italia: "Bisogna parlare a tutti"

Romizi: "Lavoriamo sui programmi e uniti ce la faremo ovunque"

Perugia - Ci voleva un avvocato di 35 anni, militante di Forza Italia dai toni pacati, per fare crollare dopo 68 anni uno dei sistemi di potere più rodati della vecchia sinistra.

Andrea Romizi ha prima convinto i suoi (Forza Italia, Nuovo centrodestra e Fratelli d'Italia) a restare uniti e così ha passato il primo turno in una città, Perugia, abituata a plebisciti e giunte quasi monocolore.

Poi, al secondo turno, ha portato dalla sua elettori normalmente allergici agli azzurri. Simpatizzanti del Movimento Cinque Stelle e democratici delusi, tutti esasperati dal degrado in cui versa il capoluogo umbro. E ha vinto.

Sindaco, qual è la ricetta?

«Andare oltre pregiudizi, i luoghi comuni e gli schemi, impostando una campagna elettorale non solo sulla contestazione, ma anche sulla proposta. Quello che ci veniva rimproverato da molti e in particolare dal mondo produttivo era una carenza di proposte e di credibilità. La nostra risposta è stata impostare tutta la campagna su un programma di mandato. Ho smesso da subito i panni del capo dell'opposizione, che magari sarebbero stati utili a caricare i miei, e ho indossato quelli di primo cittadino che parla con tutti».

Infatti al secondo turno si è apparentato anche con un candidato Pd...

«Diego Dramane Wague, uno dei fondatori del Pd umbro e Urbano Barelli, esponente del mondo dell'associazionismo, sicuramente non di centrodestra».

Il centrodestra è restato unito?

«All'inizio c'era qualche frizione che risentiva del quadro nazionale tra Forza Italia e Nuovo centrodestra, poi per fortuna siamo riusciti a superare le divisioni. Solo uniti si può vincere ovunque. Diversamente non ci troveremmo qui a festeggiare questa vittoria».

Il suo avversario ha scelto di puntare sull'antiberlusconismo. Hanno perso anche per questo?

«Ho capito che erano in difficoltà proprio quando hanno alzato i toni. Ricreare un clima di conflitto in una campagna elettorale che noi avevamo condotto con toni pacati è stata una risposta da disperati. Avevano capito che un sistema stava per crollare».

Lei è stato votato da cittadini esasperati dai problemi di ordine pubblico a Perugia. Ora dovrà dare risposte. Ci riuscirà?

«Sento forte le responsabilità e so che la vera partita inizia adesso. Quella affrontata fino ad ora è nulla rispetto a quella che mi attende. Dovremo fare scelte radicali, senza la fretta di fare cose sopra le righe per puro folclore. Se vogliamo cambiare non basta mettere Romizi al posto di Boccali, bisogna abbandonare atteggiamenti di chiusura e arroccamento e la difesa strenua di alcuni interessi».

C'è già chi la chiama il Renzi del centrodestra per i suoi appelli alla meritocrazia...

«Ho detto da subito che bisognava innanzitutto cambiare noi stessi. La nostra mentalità, la cultura e il modo di presentarci. Le elezioni devono essere l'occasione per rigenerarci, rivederci e rimetterci in discussione».

Perché la sinistra ha perso dopo quasi 70 anni?

«Si sono chiusi nel palazzo, non dialogano con la città e non si sono messi in discussione. Una classe politica che ha perso slancio da tempo».

Il mito del buongoverno della sinistra in Centro Italia si è infranto?

«Non da oggi. Qui in Umbria sono anni che si è incrinato il mito; anche nelle passate elezioni locali il centrodestra ha guadagnato voti e molte amministrazioni più piccole hanno cambiato colore».

Cos'altro serve al centrodestra italiano per vincere?

«Recuperare il contatto con le persone e rafforzare il rapporto con il territorio che negli ultimi anni si è sfilacciato».

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