Legge elettorale, Bersani: "Casini morirà di tattica". E lui: "Non sono un tuo suddito"

Il segretario del Pd: "Non farò un governo con Berlusconi e Fini". Poi attacca Casini: "Morirà di tattica". E lui: "Se vuole il Porcellum lo dica in Parlamento"

Legge elettorale, Bersani: "Casini morirà di tattica". E lui: "Non sono un tuo suddito"

Volano stracci tra Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini. Il pomo della discordia è la riforma della legge elettorale. Dopo l'invito del presidente del Senato, Renato Schifani, a fare presto altrimenti il MoVimento 5 stelle rischia di raggiungere l'80% dei consensi, e dopo la risposta di Beppe Grillo che ha parlato di golpe contro di lui, adesso è la volta del leader del Pd e di quello dell'Udc.

"Chi pensa che con questa riforma elettorale si arrivi al Monti-bis è da ricovero. Ci sarebbe la palude e l’ingovernabilità. Lo tsunami, non per il Pd, ma per l’Italia" perché "verrebbe fuori una palude e come in Grecia si tornerebbe al voto dopo sei mesi", ha tuonato il segretario democratico.

Che poi ha attaccato Casini: "Morirà di tattica. Io spero che metta la barra dritta a un certo punto e decida dove andare". Il leader dell'Udc ha detto la sua a stretto giro di posta. "Ho letto che Grillo e Bersani contestano la riforma elettorale. Se vogliono tenere il Porcellum, lo dicano in Parlamento e spieghino che per loro è giusto che chi ha il 30% dei voti prenda il 55% dei seggi", ha spiegato Casini parlando con i giornalisti a margine di una iniziativa dell’Udc al Palacongressi di Roma.

Poi Casini ha aggiunto: "Il Pd si dovrebbe abituare a guardare con maggior rispetto gli amici. Noi non siamo stati i sudditi di Berlusconi e non lo saremo con Bersani. Noi non siamo abituati a chinare la schiena. Bersani ha detto che chi pensa al Monti bis è da ricovero: ebbene, io sono da ricovero perché ci penso e sono da ricovero anche molti nel Pd che la pensano come me". Bersani ha ribattuto che Casini non "è mio suddito ma deve decidere".

Secondo il leader dell'Udc, "bisogna mettere sul tavolo con serietà le carte sulla legge elettorale, le sceneggiate lasciano il tempo che trovano, c’è una strumentalità preoccupante. Secondo me mettere una soglia per accedere al premio di maggioranza è il minimo che si possa fare. Quando Berlusconi e Prodi hanno vinto con quasi il 50%, hanno preso un premio del 6-7%".

Mentre la discussione della legge elettorale va avanti, il Pd è sicuro di una cosa: non farà passare la riforma così come è stata disegnata in Senato. "Se noi valuteremo responsabilmente che l’Italia va un una situazione di ingovernabilità ci metteremo di traverso", ha chiarito il segretario del Pd. Che poi ha ammesso la sua paura, spiegando che la soglia al 42,5% più che una norma anti-Beppe Grillo è "una norma anti-Pd, il tentativo di dire "muoia Sansone con tutti i filistei", ma noi non scherziamo".

Per Bersani, "è indispensabile che ci sia un ragionevole premio di governabilità non sotto il 10% netto che equivale ad un 12,5% per ragioni tecniche. Questo premio non garantisce una maggioranza assoluta ma che ci sia un azionista di riferimento in grado di dire chi governa, meno di questo sarebbe una cosa molto seria. Non penseranno mica che mi metto a fare un governo con Berlusconi e Fini?".

Nel dibattito, si è inserito anche Nichi Vendola, schierandosi dalla parte di Bersani.

"Il tatticismo estenuante di Pier Ferdinando Casini è ormai un vero genere letterario nella storia della politica italiana. Il fatto che Casini sia tornato in quella compagnia di giro Pdl-Lega-Udc che costruì il Porcellum e addirittura sia tornato lì per perfezionare il delitto, mi pare significativo", ha dichiarato il leader di Sel.

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