Legge elettorale, il Pd prova ad accoltellare Renzi

Due emendamenti avrebbero potuto far saltare l'accordo Renzi-Berlusconi sulla legge elettorale: sono quello sulle preferenze e quello sulla doppia preferenza di genere. Sono stati bocciati ma con uno scarto minimo. Decisivi i 23 membri del governo presenti in Aula per le votazioni

Legge elettorale, il Pd prova ad accoltellare Renzi

L'asse Renzi-Berlusconi tiene. Lo si è visto alla Camera, dove l'impianto sulla legge elettorale è passato e gli emendamenti più "insidiosi", quelli che avrebbero messo in discussione l'accordo, uno ad uno sono stati bocciati. Accanto a questo indubitabile dato politico ce n'è un altro da sottolineare: quello del presidente del Consiglio è un partito sempre più diviso e in difficoltà. E, a conti fatti, se non avessero votato sottosegretari e ministri, alcuni emendamenti probabilmente sarebbero passati, vanificando settimane e settimane di lavoro. Basti pensare a quelli sulle preferenze e sulla doppia preferenza di genere (un voto per i candidati maschi, un altro per le femmine), bocciati con uno scarto di appena venti voti. Il Pd, dunque, ha provato ad "accoltellare", senza però riuscirvi.

Il premier si è salvato grazie ai suoi fedelissimi: in Aula a Montecitorio, durante le votazioni, erano presenti in ventitre. Poco prima Renzi aveva riunito i deputati del Pd, in vista del voto finale, spiegando loro che il Paese non avrebbe mai e poi mai capito una spaccatura del suo partito sulla legge elettorale, proprio mentre il governo "sta preparando 10 miliardi di euro per le famiglie italiane". Poi aveva rassicurato i più riottosi: "Se c'è spazio dentro la Camera si migliora. Ma non posso accettare che questa legge sia definita anticostituzionale". Proponendo "un approfondimento sulla legge elettorale mercoledì", da fare "coinvolgendo anche i senatori" e affrontando temi scottanti quali la parità di genere tutte le questioni rimaste irrisolte.

"L’accordo ha tenuto - ha detto il portavoce della segretaria Pd Lorenzo Guerini - anche con il buon lavoro del gruppo del Pd pur con qualche difficoltà su qualche emendamento impegnativo. Il primo passo è vicino, ora andiamo verso il secondo con il passaggio della riforma al Senato".

Quanti sono i "franchi tiratori"

La maggioranza che sostiene l'Italicum in teoria poteva infatti su 416 voti (Pd 293, Forza Italia 67, Ncd 29 e Scelta civica 27). Ma l'emendamento che stabilisce le soglie della riforma ha incassato invece 315 sì. All'appello, dunque, mancano101 voti a cui vanno sottratti 34 assenti, tra cui Pier Luigi Bersani ed Enrico Letta, e 16 deputati in missione, cioè assenti giustificati. Il risultato è quello che 51 parlamentari presenti, deputati dei partiti della maggioranza, nel segreto dell'urna hanno votato "no" bocciando il patto Renzi-Berlusconi. Nella conta del voto di oggi i presenti e votanti sono stati 552, nessuno astenuto.

Bersani: al Senato si dovrà cambiare

I cinquantuno voti mancanti sono una vendetta dei bersaniani? Messa così la questione è un po' riduttiva. Ma vediamo cosa dice Pier Luigi Bersani: "Al Senato dovrà essere cambiato qualcosa, è emerso nel dibattito. Capisco gli accordi e che Berlusconi sia affezionato ad alcuni punti, ma dovrà farsene una ragione pure lui. Se non c'è una spinta sulle regole, alla parità di genere non ci arriveremo mai". Poi l'ex segretario del Pd ha aggiunto: "Devi parlare con tutti, va da sé. Ma questo non significa dare l'ultima parola a Berlusconi. Non c'è nessuno bisogno, nemmeno dal punto di vista numerico. Bisogna metterci misura.

Io quando sento che le quote rosa non si fanno, perché Berlusconi non è d'accordo, osservo che non stiamo parlando di una soglia d'accesso o di una tecnicalità che riguarda i collegi. Stiamo parlando di qualcosa di fondo".

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