Adesso la Serracchiani difende gli sputi alla polizia

L'esponente Pd a Quarta Repubblica minimizza le offese rivolte ai poliziotti a Pisa. Griesi (Fsp): "Non possiamo legalizzarli"

Adesso la Serracchiani difende gli sputi alla polizia
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Vi sblocco un ricordo: 28 febbraio del 2012. Un No Tav si avvicina a un carabiniere in tenuta antisommossa sullo svincolo autostradale della Torino-Bardonecchia e, incurante delle telecamere, lo insulta a ripetizione. Ricordate? Lunghi minuti di sfottò al ritornello di “Sei una pecorella”. Il militare rimase impassibile, merito del sangue freddo e del guardrail che lo divideva dall’attivista Marco Bruno, tanto da ricevere un encomio da parte dell’Arma. Dodici anni dopo poco o nulla è cambiato, con l’aggravante che adesso le forze politiche che si candidano a guidare il Paese, Pd e M5S, considerano tutto sommato comprensibili le offese rivolte agli uomini in divisa. Come se insultare un pubblico ufficiale non fosse più un reato da perseguire.

Ieri sera a Quarta Repubblica si è discusso, di nuovo, delle ormai famose e già biasimate manganellate ai danni degli studenti di Pisa. Sergio Mattarella ha detto la sua e ormai fa Cassazione, anche se i video mostrano come quei “bravi bimbi” - che oggi elogiano la brigatista Barbara Balzerani - prima di ricevere la carica della polizia abbiano spintonato gli scudi, insultato gli agenti ed usato impropriamente gli ombrelli.

Ciò che fino ad oggi pare essere sfuggito al dibattito, e anche ai consiglieri del Quirinale, è che sputare addosso ai poliziotti, sfondare un cordone di polizia o attaccarsi agli scudi non è legale. Oltraggio a pubblico ufficiale o resistenza che sia, poco cambia: reato è e reato resta, anche se a commetterlo sono studenti delle superiori. Per questo sorprende che Debora Serracchiani, esponente Pd di luogo corso, già presidente di Regione, non si accorga di quanto siano pericolose le sue parole fatte risuonare in studio. Secondo l’ex governatrice del Friuli, “reagire ad uno sputo con le manganellate è sproporzionato”, che è un po’ la versione politicamente corretta del “gli sputi se li sono meritati” di grillina memoria.

Ha ragione da vendere Pasquale Griesi, sindacalista del Fsp, a dire che "legalizzare lo sputo" è pericoloso e “se diamo così fastidio ce ne stiamo volentieri a casa”. Perché nessun cristiano in divisa si sveglia la mattina desideroso di sentirsi urlare in faccia “pecorella”, “merda”, “servo”, “schiavo”, “sbirro”, “figlio di putt***” o magari di pulirsi dalla barba la bava di estranei esagitati. La Costituzione garantisce la libertà di espressione e di manifestazione, non quella di insultare. E gli agenti sono pagati e addestrati per garantire l’ordine pubblico, non per fare da pungiball alle frustrazioni dei giovani antagonisti. Cosa dovrebbe fare un poliziotto, schiacciato tra una folla aggressiva e una camionetta, per evitare di rimetterci le penne: pregare e sperare?

La manganellata in risposta ad uno sputo non è dunque affatto “sproporzionata”, anzi: a fronte delle reiterate offese ricevute ad ogni benedetto corteo, i nostri celerini meriterebbero la santificazione per i nervi saldi che quasi sempre riescono a mantenere (cercate pure su internet, se volete: una volta in Val di Susa i No Tav aspettarono i carabinieri fuori dal ristorante, costringendoli ad una ritirata).

Ma quando è troppo, è troppo: se la folla fa pressione cercando di sfondare un cordone, giusto o sbagliato che fosse schierarlo lì, non vi sono alternative alla carica di alleggerimento. E poi mi scusi, Serracchiani: se un ragazzo durante una lite casalinga sputasse in faccia impunemente alla madre, non si prenderebbe di rimando uno schiaffone?

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