Lupi organizza i "poltronisti": è già pronta Nuova Italia

La trattativa per tenere unito il partito salta nel pomeriggio e lo slogan dei transfughi diventa: "Votiamo tutti la fiducia al governo". Al Senato almeno trenta con la valigia

Maurizio Lupi
Maurizio Lupi

Roma - È il giorno più lungo del centrodestra, il più complesso, doloroso e sanguinoso, anche più del 14 dicembre 2010, data simbolo in cui il tentativo di ribaltone orchestrato dai finiani si trasformò in un vero e proprio «B-Day». Il giorno in cui Forza Italia e i gruppi del Pdl si ritrovano di fronte allo spettro di una scissione drammatica, con i «berlusconiani» da una parte e gli «alfaniani» dall'altra, in una dicotomia impensabile fino a pochi giorni prima, tanto più per una generazione di dirigenti cresciuti ostentando come un distintivo e un tratto identitario il proprio tasso di «berlusconismo».
La mattinata si apre con uno strappo che molti danno già per consumato. Gli ex An Altero Matteoli e Maurizio Gasparri, però, si costruiscono fin dalle primissime ore della giornata un ruolo da mediatori e provano a riannodare la trama del dialogo tra le due fazioni. Preparato il terreno, va in scena il faccia a faccia tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano. Il ministro degli Interni mette sul tavolo le sue carte e fa capire di avere i numeri per assicurare la sopravvivenza del governo Letta. La richiesta indirizzata al presidente del Pdl è chiara: azzerare la cabina di comando del partito, sostituire i coordinatori, quindi Denis Verdini e Sandro Bondi, sostenere l'esecutivo. La trattativa non decolla.
Le manovre confuse, frenetiche e drammatiche, in vista del voto di fiducia, a quel punto entrano nella fase più calda. Le indiscrezioni - vere o «pilotate» in una sorta di guerra di nervi giocata a stretta distanza fisica, negli spazi di Montecitorio e Palazzo Madama - si susseguono a ritmo incessante. Gli «alfaniani» che possono contare sulla regia operativa di un attivissimo (e decisissimo) Maurizio Lupi (ribattezzato alla Camera il «Lupi mannaro») preparano il loro piano, definiscono lo scenario dello scissione con un nuovo gruppo parlamentare (che potrebbe contare su una trentina di senatori) e un nuovo soggetto politico con cui sostenere il governo Letta in dissenso da Berlusconi. Le voci di riavvicinamento si susseguono. Ma sottotraccia il lavorio continua e filtra anche il nome del nuovo movimento alfaniano a forte trazione centrista e ciellina: «Nuova Italia».
In un crescendo di pressioni incrociate i «transfughi», i «responsabili», i «ribelli», i «traditori», i «parricidi», a seconda dei diversi punti di vista, iniziano a uscire allo scoperto. A dettare la tonalità è Angelino Alfano che si dice convinto «che tutto il nostro partito debba votare la fiducia a Letta. Non ci sono gruppi e gruppetti». Segue Maurizio Lupi che rilascia una dichiarazione in fotocopia. Sulle stessa linea - sia pure senza note ufficiali - anche Gaetano Quagliariello, Beatrice Lorenzin e Maurizio Sacconi. Come un tam tam di guerra risuonano le adesioni di Fabrizio Cicchitto e di tanti altri pronti a lanciare la ciambella di salvataggio a Enrico Letta. Carlo Giovanardi adotta il mantra pro-fiducia: «Tutto il Pdl voti per l'esecutivo». Lo stesso fa Roberto Formigoni: «Sono pronto a votare la fiducia al governo Letta, insieme al segretario del Pdl Angelino Alfano. Spero che il partito sia compatto su questo fronte così da garantire la stabilità». Così come il siciliano Giuseppe Castiglione. «Serve un'alleanza strategica che si dia un orizzonte temporale di grande respiro. Almeno fino a dopo la conclusione del semestre europeo». Alla lista aderiscono altri parlamentari noti e meno noti, tutti eletti con la lista Berlusconi presidente. «Alfano sta facendo il segretario del partito. Evviva. È una svolta per la vita politica di questo paese e anche per la soluzione dei problemi» dice l'altro siciliano, Salvatore Torrisi. All'elenco si aggiunge l'abruzzese Federica Chiavaroli mentre Andrea Augello invita a lavorare «per dare contenuti politici alla proposta di votare la fiducia e a farlo senza lacerazioni». Si unisce alla linea alfaniana Laura Bianconi, del gruppo Gal. E anche Domenico Scilipoti, rivendicando - sul filo forse inconsapevole del paradosso - una sorta di coerenza con i suoi comportamenti passati detta il suo slogan. «Scilipotismo è sinonimo di responsabilità», spiega.

Già una volta «Scilipoti ha votato la fiducia per salvare il paese, e il tempo mi ha dato ragione. Ora continueremo con l'esperienza del governo Letta». Anche se poi il senatore puntualizza che in ogni caso non è sua intenzione aderire a nuove maggioranze o lasciare Berlusconi.

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