BolognaLo chiamavano «Matteo mani di forbice». Quella di Matteo Richetti (nella foto) era una carriera in ascesa con la rivoluzione quando era presidente dell'assemblea legislativa della Regione Emilia: «Da gennaio 2013 azzerate le spese di rappresentanza, ogni consigliere dovrà pagarsi tutto di tasca sua». Cene, viaggi, forni a microonde, bar, bagni pubblici. Un'inchiesta che ha portato alle dimissioni del capogruppo Pd Marco Monari per il rimborso di un hotel di lusso a Venezia da 1.100 euro. L'ex renziano Richetti quella rivoluzione l'aveva disegnata con merito, ma solo a partire dal 2013, quando, guarda casa è stato eletto deputato. Nel periodo precedente dentro le torri di Kenzo le spese di rappresentanza ci sono state eccome. Un milione di euro in sei anni, divisi equamente tra lui e il suo vice, il collega del Pdl Enrico Aimi, finti nella voce incarichi di prestazioni professionali. Tanto ha conteggiato la procura che indaga sui fondi regionali dei partiti. Nessun reato, ma una questione di opportunità per incarichi affidati a varie professionalità attraverso delibere ad hoc. Una spesa quantificata in circa 100mila euro a testa all'anno tra Richetti e Aimi. Professionalità bipartisan in tutto, come ha scovato il Carlino di Modena. Da Massimiliano Morini, sindaco Pd della rossa Maranello a Giovanni Gidari, azzurro di Castelfranco. Richetti nella bufera ci era finito anche l'anno precedente quando i grillini avevano denunciato un uso disinvolto dell'auto blu.
Insomma: prima lo schiaffo del rottamatore che, alla guida del coordinamento dei comitati ha preferito il renziano Stefano Bonaccini, poi la spaccatura dei renziani modenesi, i quali hanno già due candidati sindaci che non fanno riferimento al suo entourage e che lo hanno spinto in queste ore a ventilare una sua candidatura. Naufragata adesso attraverso una secca smentita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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