Roma - E quando la giustizia s'inceppa, allora tocca alla grazia. Ecco dunque Giorgio Napolitano che, in una piovosa domenica romana, convoca al Quirinale il Guardasigilli Paola Severino, la invita a tentare un ultimo negoziato per rilanciare la legge sulla diffamazione e, soprattutto, si fa consegnare il dossier-Sallusti. Il caso «è complicato», per risolverlo servono tempo e «responsabilità». Ma intanto l'istruttoria è ufficialmente aperta.
Ci penserà il Colle a sbloccare la situazione? «Il capo dello Stato - scrive su Twitter il portavoce Pasquale Cascella - sta esaminando, e oggi ha visto il ministro Severino, ogni aspetto della complessa vicenda, sta considerando tutte le ipotesi». Napolitano, che appare quindi disposto a concedere la grazia al direttore del Giornale, chiede «le carte» al ministro della Giustizia. Spetta a lei infatti, come depositaria insieme al presidente del «potere duale» della clemenza, avviare la pratica e trasmettere gli atti all'ufficio affari giuridici del Quirinale, diretto da Salvatore Sechi.
Ma la strada non sarà breve. Come per il caso-Sofri, si fa notare, anche Alessandro Sallusti non vuole chiedere la grazia. Potrebbe farlo un parente, un avvocato. Oppure, secondo l'articolo 681 del codice di procedura penale, potrebbe essere lo stesso Napolitano, motu proprio, a firmare il provvedimento di clemenza, solo però dopo, che l'istruttoria sarà conclusa. Il capo dello Stato, vertice della magistratura e presidente del Csm, sanerebbe così la ferita che (alcuni) giudici hanno aperto e che la politica non è riuscita o non ha voluto chiudere. «La vicenda è particolarmente complessa - spiega ancora Cascella - e occorre senso di responsabilità da parte di tutti». Questo significa che, prima di decidere, Napolitano vuole valutare bene e aspettare che il livello della polemica si abbassi almeno un po'. Sicuramente non può sconfessare platealmente l'intero sistema giudiziario, graziando Sallusti due giorni dopo l'esecuzione della sentenza.
Quello che invece vuole sicuramente fare è dare una forte accelerata alla legge sulla diffamazione. Un colpo di gas decisivo per cancellare il carcere per i giornalisti, anche se Sallusti probabilmente non potrebbe beneficiarne. Napolitano la considera comunque una soluzione necessaria e affida alla Severino l'estrema mediazione.
E quando scende dal Colle, il ministro della Giustizia illustra la sia idea semplice semplice: niente galera e rettifica obbligatoria. «Caterina Malavenda - racconta il Guardasigilli - ha elaborato una proposta, eliminare la sanzione detentiva, che è un fuor d'opera per questo tipo di reati, soprattutto per una come me che considera il carcere extrema ratio. Dall'altro lato prevede un rafforzamento del sistema della rettifica. Se fatta nello stesso spazio, con gli stessi caratteri e senza commento ha effetto risolutivo. Da una parte rimette a posto i diritti della vittima dell'offesa e ristora l'immagine della vittima, dall'altra parte consente anche la non celebrazione del processo». Detta così, sembra una cosa facile.
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