Gli arriva a meno di un palmo dal naso e lo insulta. Con violenza e sfrontatezza. "Che pecorella sei? Non c'hai un numero o un nome, niente? Sei un illegale". A dividere il manifestante "No Tav", barba lunga e occhi accecati dall'odio più che dal sole che batte sulla Val Susa, dal carabiniere, statuario nella divisa anti sommossa, è il guard rail di metallo dell'autostrada di Chianocco. Immagini, quelle trasmesse dal Corriere.it, che racchiudono in sé tutto l'odio degli antagonisti che da anni hanno trasformato la valle in un centro sociale.
"Sei proprio una bella pecorella... gli dai anche i bacini alla tua ragazza con quella mascherina? Così non gli attacchi le malattie". Il manifestante fissa il carabiniere certo che l'agente non muoverà un dito, ma si limiterà a difendere la posizione: subirà gli insulti e manderà di traverso le offese ingiuriose. Il carabiniere lì a Chianocco a fare il proprio lavoro, con onore e sicurezza, davanti a un ragazzotto cresciuto che lo sfida. Il manifestante ha pure un nome: Bruno Marco residente al 41 della Borgata Dalmassi, un paesino a due passi da Giaveno. Gli bastano due passi per raggiungere i compagni di lotta, alla baita Clarea e al cantiere di Chiomonte, per protestare contro lo Stato che vuole costruire l'Alta velocità che - prima o poi - unirà il capoluogo piemontese alla Francia. Un corridoio la cui realizzazione è stata da subito osteggiata dal movimento "No Tav", anche grazie alla connivenza della sinistra.
"Bravo, bravo. Comunque per quello che guadagni non vale la pena stare qui. Vi siete divertiti? Fra sei ore ci vediamo qua, il cantiere dura per vent'anni... vai in pensione vestito così, vestito come uno stronzo. E noi ci divertiamo a guardare voi stronzi". Bruno Marco se ne infischia di oltrepassare quel limite sancito per legge e che passa sotto il reato di "oltraggio al pubblico ufficiale" reintrodotto nel 2009 grazie al pacchetto sicurezza voluto dal governo Berlusconi. Gli ride in faccia, lo provoca e lo insulta. Il carabiniere immobile. Come sempre. Quando non lanciano le pietre, le bombe carta o i bastoni, quando non tagliano con le cesoie le recinzioni infrangendo la zona rossa, quando non attaccano alle spalle le forze dell'ordine il cui compito in Val Susa è presidiare il cantiere di Chiomonte, quando non bloccano l'autostrada mettendo in ginocchio i tir che devono valicare le Alpi, gli antagonisti "No Tav" sfottono e insultano. E' sempre stato così. Una continua sfida agli agenti nella speranza che qualcuno perda la pazienza e muova le mani o il manganello. Non è mai successo. Gli agenti hanno saputo mantenere la calma anche quando i manifestanti gli gettavano addotto le bandiere della pace e gli si mettevano di fianco per farsi fotografare dai compagni. Da sempre i "No Tav" sono andati alla ricerca del martire da immolare nella lotta contro l'Alta velocità. Non ci sono mai riusciti. Gli agenti hanno saputo mantenere la calma anche quando gli piovevano addosso sputi e insulti.
E i "No Tav"? Sempre liberi di oltraggiare e devastare, offondere e scatenare la guerriglia lungo i sentieri della Val Susa. Proprio come Bruno Marco, incurante delle telecamere del Corriere.it, tronfio di andare a brutto muso davanti a un carabinieri e apostrofarlo con un vigliacco "Che fai pecorella?". Adesso che l'oltraggio al pubblico ufficiale si paga con la reclusione fino a tre anni di carcere, vogliamo proprio vedere se Bruno Marco sconterà questo suo affronto.
Perché quella che è in atto tra i boschi della Val Susa è una vera e propria caccia al poliziotto. Tanto che, dopo aver aggredito una troupe del Corriere.tv e pestato un cronista, i manifestanti si sono giustificati: "Sembrava un'auto della polizia, non giornalisti...".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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