Roma - Non è un morso la ferita individuata sul capezzolo sinistro di Simonetta Cesaroni, l’impiegata uccisa con 29 coltellate in via Poma, a Roma, il 7 agosto del 1990. Cade così la prova principale contro Raniero Busco (nella foto), l’ex fidanzato della vittima, condannato a gennaio a 24 anni di carcere. Quel segno che lo ha inchiodato e che i giudici hanno ritenuto compatibile con la sua arcata dentaria, a quanto pare potrebbe non essere l’esito di un morso. È la clamorosa conclusione a cui sono giunti gli esperti nominati dalla I Corte d’Assise d’Appello davanti alla quale si sta celebrando il processo di secondo grado. Per loro quella del morso è una «ricostruzione inverosimile», che indicherebbe una posizione per l’aggressore «impossibile ad un essere umano». Martedì i periti illustreranno in aula le loro conclusioni, che potrebbero spianare la strada verso l’assoluzione dell’imputato.
Ma non è solo questa la novità che emerge dalla perizia super partes chiesta dalla difesa e voluta dai giudici. I genetisti Corrado Cipolla e Carlo Previderè e il medico legale Paolo Fattorini hanno scoperto anche che le tracce biologiche individuate sul corpetto di Simonetta identificano «con certezza la presenza di almeno tre soggetti maschili», due campioni individuati sul reggiseno sono invece attribuibili a Busco. Altre novità favorevoli all’imputato, dunque, anche se l’avvocato storico di Busco, Paolo Loria, che in appello è stato affiancato da Franco Coppi, cerca di trattenere l’entusiamo: «Non siamo ancora vicini all’assoluzione perché il processo è tutto da discutere». Di certo un risultato del genere, in un processo che si fonda essenzialmente su quell’unica prova, apre più di uno spiraglio. Dunque, nessun morso. Per gli esperti quelle due piccole lesioni sul seno potrebbero essere di tutto, a cominciare da «una unghiatura parziale per strizzamento tra due dita del capezzolo».
Quella del morso sarebbe stata solo un’ipotesi che ha dato vita «a consulenze tecniche odontoiatriche forensi indubbiamente affascinanti e suggestive per la sofisticazione delle ricostruzioni proposte che si spingono ad indicare per l’accusa una compatibilità con la particolare dentatura dell’imputato».
Altro punto a favore di Busco: non sarebbe riconducibile a lui il sangue trovato sulla porta e sul telefono della stanza. Cambia anche l’ora del delitto: Simonetta potrebbe essere stata uccisa più tardi, «tra le 18 e le 19». Ma per l’avvocato Massimo Lauro, legale della famiglia Cesaroni, «l’impianto accusatorio è rimasto inalterato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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