Ora il Pdl è in rivolta, Schifani in campo: "Serve sforzo di verità"

Rivolta contro la "disgregazione" del partito in una o più liste civiche. Alfano nega l’intenzione di voler fare uno "spezzatino". Ma Schifani avverte: "Pdl disorientato"

Ora il Pdl è in rivolta, Schifani in campo: "Serve sforzo di verità"

Rivolta nel Pdl contro la "disgregazione" del partito in una o più liste civiche. A sbarrare la strada a qualsiasi operazione che miri a "svuotare" il partito per puntare su una sorta di listone civico (idea a cui starebbe lavorando Silvio Berlusconi, nonostante lo stesso Cavaliere l’abbia smentito) o che abbia l’obiettivo di presentarsi alle elezioni nel 2013 con più liste civiche federate è tutto lo stato maggiore del Pdl. E a poco servono le rassicurazioni del segretario, Angelino Alfano, che nega l’intenzione, sua o di Berlusconi, di voler fare uno "spezzatino".

In via dell’Umiltà il clima resta teso e a "scuotere" ulteriormente un partito già in affanno arriva l’affondo del presidente del Senato, Renato Schifani, che in un intervento sul Foglio, in edicola domani, chiede al Cavaliere e a "tutta la classe dirigente del Pdl un’opreazione verità", perchè ora il partito appare "inaffidabile" e non si può cavalcare l’onda dell’antipolitica, avverte la seconda carica dello Stato, con un "grillismo di imitazione". Le parole di Schifani hanno l’effetto di una doccia gelata per i vertici di via dell’Umiltà, già in affanno per la difficoltà a mantenere una linea unitaria e univoca sul sostegno al governo e sul futuro dello stesso partito. Con un Berlusconi definito "ondivago" che certo non aiuta a delineare una strategia chiara per il 2013. Schifani non usa mezzi termini per descrivere la situazione attuale che sta vivendo il Pdl: "Credo di potere rivendicare a pieno titolo il diritto di chiedere a Berlusconi e all’intera classe dirigente del Pdl un’operazione verità" perché "il nostro elettorato è visibilmente frastornato" e "non capisce più che cosa vogliamo, perchè non vede più nel Pdl né la coerenza né l’affidabilità". Il presidente del Senato non è tenero nemmeno nei confronti del leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini: "I comportamenti dei potenziali alleati cominciano a spingersi oltre l’indicibile. Si pensi ai veti posti dal leader dell’Udc nei confronti di Berlusconi. Sono inaccettabili, non c’è dubbio", ma "esigono una risposta politica. Non possiamo continuare, come nel deserto dei tartari, ad aspettare Casini mentre Casini, stando così le cose, non perde occasione per dirci che non vuole venire". Insomma, per Schifani "occorre una linea politica che ci dica se è strategicamente preferibile contrastare Grillo con un grillismo d’imitazione o se non sia invece il caso di attestarsi su una linea di responsabilità che eviti al Paese il dissesto di bilancio e alla politica di trascinarci in una ingovernabilità come in Grecia". Schifani mette in guardia: "Il grillismo ci porterebbe dritti all’isolamento". Da qui "la mia richiesta di una urgente e ineludibile operazione verità. La farà Berlusconi? Ci conto. E sono certo che stavolta il nostro Presidente non si rivelerà prigioniero della propria, incommensurabile generosità". Infine, il presidente del Senato esorta il segretario ad affrancarsi: "Sono convinto che, se sarà in grado di guadagnarsi l’autonomia necessaria, avrà tutte le carte in regola per rilanciare il Pdl".

Le reazioni alle parole di Schifani, dopo lo choc iniziale, non si fanno attendere e dal partito arriva il plauso di molti maggiorenti (c’è chi parla, ma non ci sono conferme ufficiali, di una telefonata tra Schifani e Berlusconi nella quale la seconda carica dello Stato avrebbe annunciato al Cavaliere i contenuti dell’intervento sul Foglio). Ma la lettera del presidente del Senato, in qualche modo, va ad acuire un malessere che ormai Alfano stenta a contenere: per tutta la giornata si sono susseguiti interventi durissimi, da Cicchitto a Napoli, da Sacconi a Rotondi, contro la strategia delle liste civiche per riconquistare consenso, sulla falsariga di Grillo e delle iniziative che fanno riferimento a Repubblica o a Saviano.

Un modo, viene spiegato, per mandare un segnale chiaro a Berlusconi, che da mesi "sonda" l’opinione pubblica per testare l’appeal di operazioni "civiche" che abbiano ben poco a che spartire con il partito e i suoi dirigenti, puntando invece - è il timore diffuso nel Pdl - a pescare dalla società civile, dal mondo imprenditoriale e dello spettacolo, volti nuovi che sappiano catalizzare il malcontento dei cittadini ed evitare che il voto dell’elettorato di centrodestra venga disperso come è successo alle amministrative.

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