RomaLa notizia dellarresto di Paolo Gabriele ha suscitato in Vaticano unanime sentimento di stupore. Nellambiente ristretto, protetto dalle mura leonine, «Paoletto» è conosciuto come gran lavoratore, devoto del Papa, e soprattutto (ma ça va sans dire visto il ruolo) estremamente affidabile e discreto. Tanto che sono in molti a ritenerlo semplicemente un capro espiatorio, utile per coprire «magagne» ben più corpose e sicuramente più grandi di lui. «Ora che i buoi sono scappati non si può far altro che chiudere il recinto» sussurrano a mezza voce persone che ben conoscono lambiente vaticano. E il suo arresto potrebbe essere simbolicamente proprio la chiusura di quel malinconico recinto.
Paolo Gabriele è uno dei pochissimi laici ammessi allinterno delle stanze degli appartamenti papali. Definito come una persona semplice e molto devota al pontefice, fa parte della selezionata cerchia di persone che lavorano a contatto diretto con Benedetto XVI. E che hanno diretta responsabilità delle sue necessità domestiche.
Tutte le mattine «Paoletto» era solito lasciare il suo appartamento in via di Porta Angelica poco dopo le sei per essere alle 6.30 in punto negli appartamenti papali dove soprintendeva alla preparazione della colazione di Ratzinger. E da quel momento, e per tutta la giornata, proprio a Gabriele erano affidati compiti molto importanti che lo portavano a restare a stretto contatto col pontefice. Gabriele quindi non rientrava mai a casa prima della nove di sera. Insomma un gran lavoratore.
NellAnnuario Pontificio il ruolo coperto da Paolo Gabriele viene definito come «aiutante di camera» del pontefice. Insomma uno dei pochissimi «familiari» del papa, ovvero quel ristretto gruppo di persone ammesse allinterno della cosiddetta «famiglia pontificia» che assiste il vicario di Cristo nella sua vita propriamente domestica. E che vengono considerati come la sua seconda famiglia (tanto che - per tradizione - hanno il diritto di ricevere le condoglianze alla morte del papa).
«Paoletto» era insomma tra i pochi privilegiati a partecipare alla messa mattutina celebrata dallo stesso Benedetto XV. E da quel momento non lo lasciava più fino a sera. Espletato lultimo dovere (il controllo sulla cena del pontefice e dei suoi due segretari particolari), si chiudeva alle spalle la porta degli appartamenti papali per varcare il confine di Porta SantAnna e, attraversando semplicemente la strada, tornare a casa dove laspettavano la moglie e i tre figli.
Gabriele ricopriva lincarico di assistente di camera di Benedetto XVI dal 2006, da quando, cioè, è andato in pensione il suo predecessore, Angelo Gugel, che aveva lavorato anche per Wojtyla. Tanto era delicato il suo ruolo che nelle rare occasioni in cui si concedeva una brevissima vacanza per restare accanto alla moglie e ai figli, era proprio lo stesso Gugel a prendere il suo posto.
A indicarlo per quel ruolo è stato monsignor James Michael Harvey, prefetto della Casa pontificia, per il quale aveva lavorato negli anni precedenti come segretario. Per il prelato statunitense, lavorava già la madre di Paolo Gabriele, ancor prima che Wojtyla lo nominasse nel 1998 prefetto della Casa Pontificia.
Soltanto nei viaggi papali, cui comunque era tenuto a partecipare, laiutante di camera non aveva dirette responsabilità, né per quanto riguarda la sicurezza del pontefice né per ciò che concerne il cerimoniale. Svolgeva più semplicemente il ruolo di braccio destro del papa. Colui che teneva Benedetto XVI al riparo sotto lombrello in caso di pioggia e che porgeva allo stesso pontefice il vassoio con i rosari che solitamente vengono consegnati ai partecipanti alle udienze private. Sempre presente, peraltro, nella papa-mobile al fianco dellautista.
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