Il pasticcio pugliese e le due antimafie ormai inconciliabili

Che cos'è davvero l'antimafia? È uno stato mentale, un'ansia, un sentimento

Il pasticcio pugliese e le due antimafie ormai inconciliabili
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Che cos'è davvero l'antimafia? È uno stato mentale, un'ansia, un sentimento. È quello che fa scappare i ragazzi dal Sud: ogni giorno 200 ragazzi lasciano disabitate le case (mal)costruite per loro e mai abitate per piantare le tende al Nord - a volte letteralmente - lontano dal potere asfissiante di chi ancora oggi può decidere come piegare la resistenza di chi vuole lavorare onestamente. Secondo lo Svimez negli ultimi vent'anni sono stati un milione. Un danno incalcolabile per la crescita del territorio e del Paese, uno strappo che il Pnrr difficilmente riuscirà a ricucire, un'emorragia che desertifica il Mezzogiorno e lo lascia facile preda del tesoretto delle mafie, raccattato in giro per il mondo grazie al traffico di droga e riciclato con alchimie contabili, cryptovalute e professionisti compiacenti: un Prodotto interno sporco rimasto l'unica fonte a cui l'economia legale del Sud può fatalmente abbeverarsi.

Inutile blaterare di turismo, a pagare il prezzo più alto è proprio chi arriva ma non resta, vittima di chi non tollera che il Sud si sviluppi, di chi usa il trucco della regina dell'astuzia e dello Stretto di Messina - la Fata Morgana, già fatale a un re arabo morto annegato - per illudere calabresi e siciliani che le due sponde sono vicine anche senza il Ponte sullo Stretto. Il Sud è moribondo, semisepolto dai troppi vicerè locali con più voti che visioni. Un eterno funerale a cui banchetta la sedicente antimafia, che dietro una copertina pregiata da anni inscena una personale guerra politica tra bande, fatta (anche) di Comuni ad alta vocazione turistica come Tropea commissariati alla vigilia dell'estate.

Chi può scappa dal Sud e chi non può scappa dalla commissione Antimafia, come il governatore della Puglia Michele Emiliano, pur di non chiarire le sue mezze frasi sulla mafia barese e il sindaco Antonio Decaro alle prese con un Comune infiltrato. Avrebbe dovuto prendere il primo treno per Roma, pieno dei suoi concittadini in fuga che forse qualche consiglio gliel'avrebbero pure dato. E invece no, meglio far passare qualche giorno, ma non troppi. L'Antimafia sembra rimasto l'ultimo approdo credibile, lo si vede dalla volontà non scontata di indagare sui pasticci in salsa pugliese ma anche sui dossieraggi eppure delegittimata (prima ancora che nascesse) da soliti giornaloni. Chi strizza l'occhio a inchieste di carta, chi si alambicca tra strabiche liste di proscrizione, falsi pentiti e ipotesi investigative inverosimili sui rapporti tra mafia e politica lì non trova più cittadinanza.

Mentre restano sepolte le indicibili verità dietro la morte di Giovanni Falcone, c'è chi - come la presidente Chiara Colosimo (nella foto) - ha iniziato finalmente a scavare tra le ultime carte di Paolo Borsellino. Intanto si avvicina il 23 maggio, 32mo anniversario della strage di Capaci e primo giro di boa della Colosimo.

Idealmente saranno tutti lì, a battersi il petto in nome di questi eroi rimasti senza verità, la cui immagine è ormai sgualcita da tempo e dai maldestri tentativi di strattonarne l'eredità investigativa. Il paradosso italico ci avrà consegnato un'antimafia parolaia che ha paura dell'Antimafia. E i boss se la ridono.

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