Pier Luigi Bersani è deciso ad andare fino in fondo. Non importa se non ha vinto le elezioni, non importa se a Palazzo Madama non ha alcuna maggioranza e non passa giorno che Beppe Grillo lo ridicolizzi pubblicamente spattendogli ripetutamente la porta in faccia, non importa se nel Partito democratico c'è una fila chilometrica di big, neofiti e sciacalli di ogni risma pronti a detronizzarlo ancor prima di essere salito a Palazzo Chigi. Così, proprio mentre Bersani si prepara a presentare al parlamento un piano in otto punti per poter governare, Matteo Renzi lo gela dicendosi disponibile a fare il presidente del Consiglio di una grande coalizione che va dal Movimento 5 Stelle a Silvio Berlusconi.
Chi entra ed esce dal quartier generale del Pd in via del Nazareno parla di un segretario scuro in volto. Lotta contro il tempo per dipanare il brogliaccio dentro al quale è caduto lunedì scorso quando si è ritrovato a capo di un governo che non ha maggioranza né alleati. Insomma, un flop ancor prima di cominciare. Per questo l'unica chance è elaborare un piano (marcatamente di sinistra) per riuscire a isolare il centrodestra e compattare una certa ala del paralmento. In una intervista fiume a Repubblica, Bersani ribadisce la contrarietà al governissimo e propone un "governo di cambiamento" da proporre mercoledì prossimo alla direzione del Pd e poi al capo dello Stato con otto punti qualificanti per chiedere in parlamento la fiducia a tutti i partiti. Il primo tema, spiega, è l’Europa. Il secondo tema è quello sociale: "Il disagio è troppo forte, i comuni devono poter aprire sportelli di sostegno, bisogna sbloccare subito i pagamenti della pubblica amministrazione alle imprese e introdurre sistemi universalistici negli ammortizzatori sociali". Il terzo tema è la democrazia: "Il nuovo governo, immeditameente, deve dimezzare il numero dei parlamentari, abbattere gli stipendi al livello di quelli dei sindaci, varare leggi che regolino la vita dei partiti e non solo per i finanziamenti". Quindi, immancabile, l'inasprimento delle norme anti corruzione e la regolamentazione del conflitto di interessi. "Ciascuno di questi punti si tradurrà in uno specifico disegno di legge", assicura Bersani che punta anche a creare il ministero per lo Sviluppo sostenibile.
Niente di più difficile. Già all'indomani della batosta elettorale, il Pd non è più compatto. Tanto che Alessandra Moretti, portavoce del segretario, assicura che, in caso di necessità estrema, Bersani sarebbe pronto a fare un passo indietro. In molti hanno iniziato la congiura per detronizzare il segretario dalla leadership democratica. Nei corridoi serpeggia un dubbio: "Con Renzi avremmo vinto di misura". E, proprio mentre Bersani lavora al programma di governo, il Corriere della Sera pubblica un interessante retroscena che vorrebbe il sindaco rottamatore disponibile a guidare una grande coalizione capace di mettere insieme Grillo e Berlusconi. Renzi sarebbe pronto a fare il presidente del Consiglio se il suo nome fosse proposto al capo dello Stato Giorgio Napolitano all’interno di una rosa di nomi, senza, cioè, un’indicazione "secca" di Bersani. "Se per riuscire a superare lo stallo che si è creato e che, certamente, non fa bene al Paese - è il ragionamento attribuito a Renzi - il Pd si presentasse con più nomi di possibili candidati alla presidenza del Consiglio e se fra quei nomi ci fosse anche il mio, allora io ci penserei seriamente". La ricostruzione ha fatto trasecolare Bersani.
Tanto che lo staff del sindaco di Firenze si è precipitato a twittare la smentita. "Ho combattuto Bersani a viso aperto quando non lo faceva nessuno, guardandolo negli occhi - ha poi assicurato Renzi nella sua Enews - non lo pugnalo alle spalle, oggi". Oggi no, appunto. Domani, si vedrà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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