Nel fiume di applausi, di complimenti, di auguri che ieri segue l’annuncio della nomina del nuovo capo della Polizia, un nome non c’è e non poteva esserci. L’unico che non si fa vivo per fare le congratulazioni a Vittorio Pisani, scelto ieri dal governo per la tolda di comando della sicurezza pubblica in Italia è Roberto Saviano, giornalista e scrittore, al quale Pisani sta sul gozzo da più di tredici anni.
Cioè da quando, in una intervista al Corriere della sera, rivelò di avere messo nero su bianco che la scorta armata concessa dallo Stato a Saviano non aveva ragion di essere. «A noi della Mobile venne data la delega per riscontrare quello che Saviano aveva raccontato a proposito delle minacce ricevute. Dopo gli accertamenti demmo parere negativo sulla assegnazione della scorta».
I fan di Saviano la presero malissimo, anche perchè veniva da un poliziotto il cui impegno nella lotta al crimine organizzato era indiscutibile: Pisani dirigeva la Squadra Mobile di Napoli, aveva spedito in cella decine e decine di uomini dei clan di Casal di Principe raccontati nei libri di Saviano, compreso il capo dei capi Michele Zagaria.
«Eppure - aveva detto Pisani giro senza scorta». Così tra quei fan qualcuno non nascose la soddisfazione quando due anni dopo a Pisani arrivò un avviso di garanzia. Per assolverlo ci misero quattro anni, intanto era stato tolto dalla trincea napoletana e spedito a Roma: prima al Servizio centrale operativo, poi ai vertici dei servizi segreti, vicedirettore dell’Aisi. Ed è da lì che lo richiama il ministro degli interni Matteo Piantedosi, deciso a dare una sterzata ad un organismo gigantesco come la Polizia di Stato; mossa apprezzata tra gli altri anche da Silvio Berlusconi, che augura «buon lavoro» a Pisani elogiandone «professionalità e alto senso dello Stato». L’attuale capo, Lamberto Giannini, su cui il nuovo governo nutriva alcune perplessità, viene retrocesso a prefetto di Roma. Carica indubbiamente di prestigio, ma il passo indietro è vistoso.
Nello stringato comunicato con cui Palazzo Chigi annuncia la nomina di Pisani non si fa cenno all’altra importante casella da riempire sul fronte delle forze di polizia, il comando generale della Guardia di finanza lasciato libero da Giusppe Zafarana (andato in pensione e incoronato con la presidenza di Eni). É la conferma che sul dossier l’accordo tra le forze di maggioranza non è ancora perfezionato, anche se dovrebbe essere questione di giorni: al prossimo consiglio dei ministri sarà presente anche il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ed in quella sede - salvo sorprese dovrebbe essere ufficializzata la nomina al vertice delle «fiamme gialle» del generale Andrea De Gennaro, su cui fin dall’inizio aveva puntato Fratelli d’Italia. A quel punto, data per stabile fino all’anno prossimo la posizione del generale Teo Luzi alla guida dei carabinieri, le uniche caselle sul fronte della sicurezza ancora al vaglio del nuovo governo resteranno le direzione dei servizi segreti. Aisi e Aise hanno entrambe vertici che erano di gradimento del governo di Giuseppe Conte, rispettivamente Mario Parente e Giovanni Caravelli, che finora hanno mostrato buona sintonia anche con il nuovo zar dell’intelligence, il sottosegretario Alfredo Mantovano; Parente d’altronde era stato nominato dal governo Renzi, e riuscì a ottenere la riconferma sia da Conte che poi da Draghi, e non parrebbe strano che sul suo profilo di tecnico indipendente possa ritrovare l’appoggio anche della Meloni.
Ma sette anni al vertice dei «servizi» sono una durata inconsueta, e prima o poi il problema si porrà: anche se Parente è uscito senza danni dal pasticcio della fuga dall’Italia del trafficante di Stato russo Artem Uss.
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