I voti che papà, l'ex governatore di Sicilia Raffaele Lombardo, gli ha girato alle ultime Regionali, gli hanno regalato a 24 anni appena compiuti uno scranno di deputato al Parlamento siciliano, con relativa indennità pari a circa 9mila euro. Ma a un anno di distanza per Toti Lombardo, il «trota», anzi, il «pescespada» di Sicilia come lui stesso si autodefinì in campagna elettorale, è arrivata la polpetta avvelenata. La Procura di Catania, che da mesi lo indagava insieme a papà Raffaele per reato elettorale, ha infatti deciso di spedirlo direttamente a processo, saltando il passaggio dell'udienza preliminare. Naturalmente accompagnato da papà Raffaele (nel frattempo sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa in un altro procedimento) e dai presunti beneficiari del lavoro promesso in cambio dei voti a lui.
Una brutta tegola. Per l'ex governatore ma soprattutto per il figlio, giovane studente al suo ingresso nell'agone politico. L'indagine sui Lombardo e sui voti presi dal secondogenito del presidente andava avanti da tempo a Catania. C'erano anche delle intercettazioni. Ma padre e figlio, pur protestandosi innocenti e promettendo di portare alla sbarra centinaia di testimoni a difesa, si erano avvalsi coi pm della facoltà di non rispondere. Adesso invece dovranno rispondere, al giudice moncratico di Catania davanti al quale si svolgerà, il prossimo 19 maggio, la prima udienza.
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