Roma è troppo piccola per due Papi

Ratzinger sceglie come domicilio un monastero nelle Mura Leonine: troppo vicino al suo successore

C'è una scelta, nella scelta di dimettersi di Benedetto XVI, che fa discutere: quella di rimanere a vivere in Vaticano.

Joseph Ratzinger ha deciso da pontefice, e il suo successore difficilmente potrà intervenire in merito, di risiedere a poche centinaia di metri dal nuovo Papa. Si ritirerà nel monastero di clausura Mater Ecclesiae in via di ristrutturazione nella Città del Vaticano, dopo un breve periodo a Castel Gandolfo.

Ma «non sarà in clausura», ha precisato il portavoce vaticano padre Federico Lombardi. E ha aggiunto: «Non credo che debba essere considerato recluso in nessun modo. Avrà la sua normale libertà. Più volte ha detto di voler dedicare l'età anziana a scrittura, studio e preghiera».

Dunque si pone il problema di un'inedita «coabitazione» tra l'ex Papa e il Papa che verrà. Di una presenza per forza di cose ingombrante dentro le Mura Leonine. Di possibili incontri tra Ratzinger e il successore, magari a passeggio nei giardini vaticani. Di possibili visite, forse consultazioni o concelebrazioni. Anche di libri con i quali il pontefice emerito potrebbe far sentire la sua voce, come ha fatto da Papa, suscitando discussioni teologiche e confronti.

Tutto è inedito e anomalo in questo caso, il primo in effetti di un Papa dimissionario per sua libera scelta. E se è difficile che emergano critiche aperte, tra cardinali, vescovi, studiosi e osservatori c'è preoccupazione per quello che succederà.

C'è chi pensa che Ratzinger avrebbe fatto meglio a scegliere una sede più lontana e appartata per il ritiro. Nella sua Baviera, ad esempio, o nella città della preghiera di Assisi. Per uscire completamente dalla scena pubblica ed evitare imbarazzi.

Qunado Karol Wojtyla era malato e pensava alle dimissioni che non diede mai, immaginava il ritiro in un monastero polacco. Benedetto XVI, invece, ha pianificato tutto da tempo per risiedere in Vaticano.

«L'unico riferimento - spiega l'ex vicedirettore dell'Osservatore Romano, Gianfranco Svidercoschi- può essere quello di un vescovo emerito che lascia il posto a quello nuovo. E la prassi normale è che non viva più in arcivescovado e neppure, il più delle volte, nella diocesi. Che scelga una residenza lontana e defilata, per non gravare con la sua presenza sul nuovo vescovo. È una regola pastorale molto giusta. Benedetto XVI dopo le dimissioni sarà vescovo emerito di Roma, ma ha fatto una scelta diversa che potrebbe comportare problemi in Vaticano. Tutto è talmente nuovo che è difficile fare previsioni, però è ci si chiede come potrà sottrarsi all'inevitabile attenzione, alle pressioni esterne. E che rapporti avrà con il Papa? Qualcuno potrebbe confidargli le sue lamentele verso il pontefice, farne suo malgrado il riferimento di una fazione diversa». Svidercoschi, che ha appena pubblicato il libro «Il ritorno dei chierici. Emergenza Chiesa» sui difficili rapporti tra Ratzinger e la Curia, aggiunge: «Scriverà dei libri, come ha fatto da Papa e da Prefetto dell'ex-Sant'Uffizio, quando nell'81 chiese l'autorizzazione per questo. Gli fu concessa e fu un errore. Lo dimostrarono le polemiche su alcuni suoi scritti. Come poteva controllare l'ortodossia dei teologi, in particolare tedeschi, e scrivere contro di loro?».

Tanti interrogativi, tante preoccupazioni. Ma c'è chi legge all'opposto la decisione di Ratzinger. «In Baviera o in qualsiasi altro posto- dice Pippo Corigliano, ex portavoce dell'Opus Dei- l'avrebbero cercato fedeli, prelati e giornalisti e sarebbe diventato un polo d'attrazione. Ma dentro le Mura Leonine è irragiungibile.

Sono convinto, conoscendo il suo temperamento riservato, che lì scomparirà. È la scelta migliore. I libri? Sì, è possibile che continui a scrivere. Lo studio, come la musica, è la sua vita. Ma sempre uno studio apostolico, teso a rendere intellegibile la fede».

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