"Sì all'alleanza con Italia Viva". In Piemonte Azione sfida Calenda

Il coordinatore regionale Gianluca Susta scende in campo per tenere vivo il progetto liberaldemocratico e “disobbedisce” alle linee guida del leader. Un'altra tegola dopo le continue giravolte

"Sì all'alleanza con Italia Viva". In Piemonte Azione sfida Calenda

Carlo Calenda è il re delle giravolte, questo ormai è lapalissiano. Nel giro di pochi mesi ha cambiato più volte alleato, litigando con tutti con tanto di insulti e attacchi personali. L’implosione del Terzo polo è l’emblema della sua incoerenza, come del resto il tentativo – naufragato immediatamente – di ricomporre l’asse con Matteo Renzi dopo avergliene dette di tutti i colori. Già scricchiolante per i pessimi risultati elettorali, la leadership del leader di Azione rischia di franare rovinosamente: in Piemonte, ad esempio, è stato di fatto esautorato.

Calenda silurato in Piemonte

Il leader della sezione piemontese in Piemonte non sembra intenzionato a seguire la linea dettata dall’ex titolare del Mise. “Non saprei come dirlo altrimenti: il progetto deve rimanere in piedi”, l’indirizzo di Gianluca Susta in riferimento all’alleanza con i liberademocratici. Come riportato dallo Spiffero, nelle scorse ore è circolato un documento a sostegno dell’asse con Italia Viva sottoscritto dai segretari provinciali della regione. Una posizione che non è solo dei vertici locali, ha precisato il politico sessantasettenne, ma di gran parte degli elettori.

Le idee sono molto chiare, a prescindere dai diktat di Calenda:“Nel 2024 dovremo presentarci alle Europee con una lista unica dei liberaldemocratici”. Per Susta, ex sindaco di Biella e già vicepresidente della Regione con Mercedes Bresso, gettare tutto alle ortiche sarebbe una follia, considerando che a Bruxelles il gruppo liberaldemocratico è il terzo e in Italia ha una rappresentanza vera e significativa. Insomma, le improvvisate dell’aspirante frontman dei moderati sembrano più un suicidio che un’intuizione vincente.

I dubbi della base

Da Mara Carfagna a Maria Stella Gelmini, passando per Osvaldo Napoli ed Enrico Costa: niente da fare per i pontieri, pronti a tutto per salvare la baracca centrista. Dopo aver assecondato al cento per cento la proposta di una federazione con i renziani, Calenda ha buttato tutto nel cestino. Una retromarcia classica, l’ultima di una serie infinita per il politico capitolino. E anche dalle parti di Italia Viva hanno ormai abbandonato ogni speranza di buon senso: “È incomprensibile che Calenda abbia fatto saltare un lavoro di otto mesi sul partito unico. Noi ci abbiamo creduto fino alla fine. Evidentemente si è reso conto che noi eravamo disponibili a fare un partito vero, con i tempi voluti da Calenda, e con un congresso vero, partecipato, aperto, in cui anche altri potessero candidarsi.

Forse aveva pensato che il partito unico nascesse con l'applausometro. Nei partiti veri il consenso si misura con i voti non con i like", il j’accuse di Maria Elena Boschi ai microfoni di Tagadà, su La7.

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