Sale la tensione tra Pd e Pdl, i democratici in fibrillazione

Pd e Pdl ai ferri corti. Epifani a Berlusconi: "Se chiede il voto rompe il patto con gli italiani". Ma il premier frena: "Far cadere il governo sarebbe un delitto"

Sale la tensione tra Pd e Pdl, i democratici in fibrillazione

Sale alle stelle la tensione tra Pdl e Pd all’indomani della sentenza che ha confermato la condanna di Silvio Berlusconi in Cassazione. Il Cavaliere lancia il suo aut aut: "Riforma della giustizia oppure subito al voto". Anche se stempera la minaccia, frenando su soluzioni immediate perché deve prevalere l’interesse del Paese. Sul piatto però c'è ben altro: la grazia che il Pdl annuncia di voler chiedere al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Dal Quirinale arriva una risposta asettica, visto che ci si limita a ricordare che i soggetti titolati a domandarla non sono i capigruppo di un partito. Il tutto mentre il premier Enrico Letta si appella al senso di responsabilità delle forze della maggioranza, sostenendo che buttar giù il governo ora sarebbe un "delitto".

La giornata inizia in salita per la coalizione di governo. Pd e Pdl iniziano a litigare di buon mattino quando l'ex segretario piddì Pier Luigi Bersani chiede polemicamente al partito del Cavaliere se intenda continuare ad essere guidato da un "evasore fiscale". Parole che provocano la stizzita replica di diversi esponenti pidiellini, da Maria Stella Gelmini a Fabrizio Cicchitto. Letta capisce che è tempo di tirar fuori gli estintori: "Sono assolutamente consapevole del momento delicato, ma sono convinto che prevarrà l’interesse generale del Paese". Parole che il premier fa seguire da una minaccia: un "logoramento" lento sarebbe inaccettabile e "continuare a tutti i costi" non sarebbe nell’interesse dell’Italia. Come dire: sono pronto ad andarmene se non mi farete lavorare. Anche se, aggiunge, sarebbe un "delitto" fermarci "malamente" proprio ora che il lavoro del governo comincia a dare i suoi "frutti".

Ma lo scontro fra Pd e Pdl prosegue su un altro terreno: il futuro del Cavaliere in Parlamento, in vista di un possibile voto sulla decadenza da senatore. "Sarebbe singolare che si votasse in difformità da una sentenza", mette le mani avanti Guglielmo Epifani, nel tentativo di tenere unito il Pd. "Bisogna applicare la legge, su questo tema non ci sono questioni di discrezionalità", è la posizione di Letta a proposito dell’incandidabilità dell’ex premier. Parole che non possono far piacere al Pdl. Che però ha in serbo la carta con cui spera di ribaltare la situazione. La richiesta di grazia al Colle. I parlamentari del Pdl rimettono il mandato nelle mani dei capigruppo, Renato Schifani e Renato Brunetta, chiedendo loro di perorare la causa del Cavaliere al Quirinale. Da dove arriva una reazione caustica. "È la legge a stabilire quali sono i soggetti titolati a presentare la domanda di grazia", fanno sapere dal Colle. Mentre il Pd, col capogruppo al Senato Luigi Zanda, definisce "incredibile" e, perciò, non commentabile l’ipotesi di grazia. La mossa del Pdl è preceduta dalle parole di Berlusconi che dosa sapientemente minacce e frenate. Riunendo i suoi parlamentari a Montecitorio lancia il suo un aut aut: "Non possiamo sottrarci al dovere di una vera riforma della giustizia e per questo siamo pronti alle elezioni che dobbiamo chiedere al più presto". Poi, però, spiega che non bisogna avere fretta, che "si deve pensare agli interessi del Paese" e che "occorre riflettere sulla strada migliore per ottenere" la vittoria nelle urne. Come dire: "Non possiamo essere noi a staccare la spina perché il rischio è che gli elettori ci puniscano". Immediata la replica di Epifani. "Se davvero il Cavaliere volesse andare a elezioni, romperebbe quel patto contratto con gli italiani al momento di creare un governo di servizio", chiarisce il segretario piddì. Detto questo, "quando c’è una sentenza di questa natura la sentenza si rispetta e si applica".

Anche fra i ministri sale la tensione. Il vicepremier Angelino Alfano dice che gli esponenti pidiellini nell’Esecutivo sono "pronti alle dimissioni" pur di difendere la storia del Pdl e il Cavaliere. Parole che scatenano la reazione del viceministro all'Economia, il piddì Stefano Fassina: "Se sono convinti delle loro ragioni si dimettano. Basta minacce e ricatti. Il Pd non si fa ricattare".

Ma il ministro allo Sviluppo economico Flavio Zanonato cerca di stemperare gli animi: "Certo che c’è un po' di preoccupazione, ma questo rimane l’unico governo che può coniugare sviluppo economico e equità sociale".

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