Il saggio indica la Luna, lo stolto guarda il dito. La denuncia del ministro della Giustizia Carlo Nordio («Mai visto un evasore in manette») vengono rimaneggiate come se il Guardasigilli incoraggiasse l’evasione fiscale. L’altro giorno all’Hub Luiss di Milano ha semplicemente detto che «la legge penale non ha effetti dissuasivo-repressivi» mentre «la legislazione tributaria è schizofrenica e piena di ossimori». Una verità resa paradossale da una storiella: «Se un imprenditore onesto decidesse di assoldare un esercito di commercialisti e pagasse tutte le imposte, qualche violazione verrebbe comunque trovata», come se si debba essere vessati solo perché solvibili.
La leader Pd Elly Schlein è la prima a guardare il dito: «Le dichiarazioni del ministro Nordio legittimano l’evasione fiscale».
Balle. La storiella del ministro è proprio paradossale? A sentire gli esperti assolutamente no. C’è l’imprenditore che ha aspettato 18 anni per farsi pagare. Un processo finito alla Corte di giustizia europea di Strasburgo (Cedu) che ha condannato l’Italia a risarcirlo per l’eccessiva durata: pochi spicci, 4mila euro. «Soldi su cui lo Stato fa una verifica fiscale», racconta l’avvocato Claudio Defilippi al Giornale. Eppure i risarcimenti non si possono compensare con i debiti, soprattutto sotto i 5mila euro. E così Defilippi ha scritto al Comitato dei ministri Ue lamentando che l’Italia non paga le condanne comminate da Strasburgo. C’è un altro imprenditore della Spezia, dichiarato vittima di usura che non riesce ad avere 60mila euro dal suo usuraio nonostante la vittoria in giudicato come parte civile. Dopo una battaglia infernale in Corte d’appello a Genova per avere i soldi dal Fondo unico di Giustizia, un giudice dice all’usuraio «prima paghi le tasse, poi le vittime».
Il professionista romano Gianluca Timpone racconta invece un «caso Tortora» del fisco: «Nei giorni scorsi dopo anni di processi un imprenditore è stato assolto dall’accusa di evasione. La Guardia di Finanza ha dichiarato - è nella sentenza che non c’era alcun reato. L’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto annullare l’atto perché la mancanza di evasione era palese, eppure la Direzione regionale ha fatto orecchie da mercante ed è andata avanti, invocando cavilli giuridici e formali». Basterebbe potenziare l’autotutela, salvaguardando l’amministrazione finanziaria a rispondere solo per dolo, non per colpa. Invece oggi è difficile che l’Erario ammetta di aver commesso un errore in buona fede, impossibile trovare un dirigente che sia disposto a firmare una conciliazione favorevole per non essere poi costretto a giustificarsi coi superiori. «Il ministro sottolinea quanto noi commercialisti affermiamo da tempo, il sistema fiscale farraginoso e penalizzante è focalizzato più sulla forma che sulla sostanza. Serve un mutamento normativo e culturale per ricreare un clima di fiducia», commenta Marcella Caradonna, presidente dei commercialisti milanesi.
«Ha ragione Nordio perché la burocrazia elefantiaca rende impossibile pagare le tasse», twitta Eugenio Filograna di CsapItalia.
Il presidente del Centro studi Fiscal Focus Antonio Gigliotti ricorda al Giornale la storia di una cartella che è l’esempio tangibile dell’inadeguatezza e la superficialità dell’Erario. Un contribuente pagale imposte figlie di un avviso bonario, successivamente rateizzato, e si vede recapitare dall’ex Equitalia una cartella esattoriale. A causa di uno zero in più nel codice atto non sono stati contabilizzati i versamenti.
«Ci siamo attivati per richiederne l’annullamento», l’Ufficio territoriale l’accorda, ma solo parzialmente.
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