
Scrivo due nomi: Ilaria Salis e Stefano Conti. Stessa età, sui quarant’anni, terra di residenza identica: Brianza. La prima, Ilaria, è famosissima. Hobby: maestra d’asilo; professione: occupatrice di case altrui pur essendo di famiglia possidente.
Finché da Monza si dirige a Budapest per partecipare a una spedizione dei «Martelli antifascisti» tedeschi contro pretesi nazifascisti germanici, i quali finiscono manganellati mentre Ilaria è arrestata con un attrezzo idoneo al pestaggio in borsetta (9 febbraio 2023). Tradotta in catene a mani e piedi dal carcere all’aula del processo (30 gennaio 2024) - pratica odiosa, ma accade in molti Stati senza scandalo - da presunta manganellatrice antifascista è aureolata come martire, e perciò trasferita, a cura di Verdi e Sinistra, direttamente da Budapest all’europarlamento di Strasburgo. Immunità, stipendio da 15mila euro, gloria eterna.
Il secondo, Stefano, da Cesano Maderno (Monza e Brianza), assicuratore, emigra a Panama dove si fa una posizione operando come trader (compra e vende azioni e merci), quindi arrestato con un’accusa strampalata e infame: tratta di ragazze bianche. Ieri il Giornale ha riferito puntualmente della confortante conclusione della sua assurda vicenda di persecuzione giudiziaria: assoluzione piena, perché il fatto non sussiste. Conti, arrestato il 15 agosto 2022, più di due anni e mezzo di detenzione a Panama, i primi 423 giorni trascorsi in una galera comandata da gang di tagliagole e narcotrafficanti, se la cava aiutando detenuti comuni a compilare moduli, a scrivere istanze, a investire i risparmi. È il carcere La Joya, nome festoso di un obitorio per vivi. I procuratori chiedono trent’anni, dopo il suo rifiuto di un comodo patteggiamento. Stefano lo rifiuta perché il dibattimento ha rovesciato le accuse. Succede che le presunte vittime sostengono di essere state costrette dalla polizia ad accusare Conte, anche un pm, il primo che l’aveva accusato, denuncia la montatura, chiede scusa all’imputato, dice di aver subito pressioni, e di essersi dimesso dalla magistratura per la vergogna, il perito forense nominato dal Tribunale accerta che il cellulare di Conte è stato manipolato per incastrarlo. Un casino. Poteva accadere di tutto. Conte tiene duro e respinge un’estrema richiesta di patteggiamento minimo, anche i brianzoli tengono all’onore e al buon nome. Rischia la vita: i trent’anni di condanna sarebbero terminati molto prima dopo che hai accusato polizia e magistratura di averlo incastrato per dare una lezione all’«Italiano».
Lieto fine, caso chiuso? La famiglia vorrebbe fosse chiusa così, c’è stato un giorno di felicità pura, e dopo il terrore di vederlo tradurre alla Joya come «cadavere che cammina» vorrebbero solo tacere e portarselo a casa, ringraziando i pochissimi giornalisti che si sono attivati in questi anni per Stefano e soprattutto il deputato di Fratelli d’Italia eletto nella circoscrizione Nord e Centro-America, Andrea Di Giuseppe, che si è battuto come un leone. Li capisco. Io so qualcosa di questa storia perché il padre di Stefano, Roberto, si rivolse disperato anche a me all’insorgere del caso. Confesso, fui impotente. Polemizzai contro il trattamento di favore usato nei confronti della Salis, ma non ho il potere di mandare troupe di Piazzapulita odi Report in America Latina.
Ma per me il caso non è chiuso. In due sensi. Il primo. Più ci penso e peggio sto. Questa nostra Italia resta un Paese che nei luoghi dove si determina il flusso di notizie, e si crea il sentimento prevalente del popolo, il potere appartiene al progressismo comunista, che impone l’agenda (che, dal latino, vuol dire: cose da fare) delle mobilitazioni di piazza, e determina l’ordine del giorno dei nostri pensieri – favorevoli o avversi che siano – grazie al tam tam di tivù, social e giornali. Sceglie i privilegiati da trattare come eroi e mette la maschera di ferro sul muso di innocenti sgraditi alla cultura politicamente corretta e woke (che mi rifiuto di sapere cosa vuol dire, ma fa schifo). Ovvio: Salis è antifascista, occupa case, va all’estero dotata di manganello telescopico per missioni contro il nemico di destra ed è pure arrestata da Orbán, amico della Meloni.
Ilaria è il perfetto esemplare politicamente correttissimo per la propaganda progressista. Invece tutto congiura contro Stefano. Innocente, innocentissimo, ma che importa? Fa una professione, il trader e per di più in America Latina, raffigurata come tipica del neo -capitalismo colonialista; il reato di cui è accusato vede come presunte vittime delle donne; è difeso a Panama e in Parlamento da un deputato di Fratelli d’Italia. Abbiamo, secondo la logica appena descritta, lo str... perfetto, da oscurare, in attesa di una condanna che poi sarà una bellissima occasione per «mostrificare» lui come trader non nel campo della finanza ma nel mercato infame di schiave, e la destra come simpatizzante di questo orrido commercio. Be’, questa macchina perversa, che ha esaltato la Salis e oscurato la tragedia di un perseguitato, si è dimostrata una fabbrica di menzogne. Va smontata. Altro che TeleMeloni e stampa a servizio del centrodestra. Il tiranno che limita la nostra libertà di sapere e di decidere sventola bandiera rossa.
In un secondo senso il caso non è chiuso. Attenzione.
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