Unico collante ideologico la mobilitazione totale contro il pericolo fascista (che però non esiste)

Rispolverato il vecchio ritornello lo tirano in ballo come pretesto

Unico collante ideologico la mobilitazione totale contro il pericolo fascista (che però non esiste)

Quasi ogni giorno, dalla campagna elettorale di questa estate a oggi, la sinistra ha rispolverato un suo grande classico: l'antifascismo come strumento politico. Una tendenza destinata a durare per tutto il periodo in cui il centrodestra governerà e che utilizza ogni occasione per tirare in ballo il «pericolo fascista». Lo si è visto con quanto avvenuto al Liceo Michelangiolo di Firenze e con le successive polemiche dopo la lettera della preside del Liceo Da Vinci di Firenze Annalisa Savino e le parole del ministro Valditara culminate con la manifestazione antifascista andata in scena ieri a Firenze in cui, guarda caso, era presente anche la Savino. Già a settembre, pochi giorni prima delle elezioni, Enrico Letta aveva dichiarato: «La moderata Meloni annuncia che cambieranno la Costituzione da soli. Gli italiani domenica, con il loro voto, diranno a questa destra che la Costituzione nata dalla Resistenza e dall'antifascismo non si tocca». Non è andata proprio così. Il suo compagno Nicola Fratoianni era stato ancor più esplicito: «Meloni dice che non è fascista. Ma per governare l'Italia bisogna fare un passo in più, bisogna definirsi antifascista». Una frase significativa che testimonia come non sia sufficiente dirsi non fascisti ma occorra definirsi «antifascisti» come se si trattasse di un'ideologia a cui aderire. Le parole di Fratoianni spiegano che, qualunque cosa dica la destra su questi temi, non basta mai, serve sempre un passo in più fino a dar vita alla famosa destra che piace alla sinistra. Perciò ieri a Firenze la «cosa rossa» è scesa «in piazza per ribadire l'antifascismo come valore fondante» in una manifestazione che, già dagli intenti, è nata contro qualcuno o qualcosa, in questo caso Valditara e il governo. Una grande chiamata a raccolta dalla Schlein a Conte, da Landini all'Anpi. Nelle ultime settimane è stato un profluvio di dichiarazioni e, con la «piazza antifascista» di Firenze (a quando una «piazza anticomunista«?), si è toccato il punto più alto. Se la Schlein ha parlato di una «risposta allo squadrismo» e di una «scuola come presidio antifascista», il suo collega Giuseppe Provenzano del Pd ha affermato: «I valori dell'antifascismo dovrebbero unire tutte le forze politiche. Oggi è il momento dell'unità di popolo». Tomaso Montanari, rettore dell'Università per stranieri di Siena, ha invece utilizzato toni radicali: «Ci dicono questo governo non c'entra nulla con il fascismo e io dico se il ministro della Scuola intimidisce una preside perché ha parlato di antifascismo allora dov'è che siamo? Fascista è chi il fascista fa». Secondo Rossano Rossi, segretario della Cgil Toscana: «Dobbiamo essere partigiani e non indifferenti: Firenze e la Toscana oggi sono il centro dell'Italia democratica e antifascista». Se per i fatti del Liceo Michelangiolo non si sono sprecate le parole, si registra un silenzio assordante per condannare l'aggressione avvenuta qualche mese fa a Bologna da parte dei collettivi ai danni di alcuni studenti di destra di cui sono state da poco diffuse le immagini.

Così come sono mancate frasi di solidarietà al ministro Valditara per le minacce ricevute o prese di distanza dai collettivi quando impedivano di svolgere convegni nelle università pubbliche. Sarebbe davvero paradossale se ancora oggi passasse il messaggio che la violenza è sbagliata ma ci sono alcune violenze più sbagliate di altre a seconda di chi le compie.

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