In Veneto è guerra: in palio il Carroccio

È nel Nord Est che si gioca la partita decisiva per Maroni: è iniziata la lotta per la segreteria federale. Zaia si chiama fuori: ho una regione di cui occuparmi

In Veneto è guerra: in palio il Carroccio

Chi vince il Veneto piglia tutto. È il passaggio a Nord Est che deciderà il vincitore della grande battaglia d’autunno. Dicono in casa leghista che diventerà segretario federale solo chi avrà «l’autorevolezza» di unire entrambe le regioni, Lombardia e Veneto. Oggi l’unico nome in pista, si sa, è quello di Roberto Maroni. Bobo è nato a Varese, è vero, e i veneti adesso che l’altro varesotto, il grande capo Umberto Bossi, s’è fatto da parte, pretendono un Carroccio non più «Varese-centrico». E però qui l’ex ministro dell’Interno ha grande seguito. I congressi li ha vinti quasi tutti, e nelle zone di maggior peso: Verona, dove c’è il fedelissimo sindaco Flavio Tosi. E poi Vicenza, Treviso, Belluno, la parte di Venezia che guarda a Chioggia. Perdendo solo nell’altra metà del capoluogo, quella del Veneto orientale, e a Rovigo, mentre ancora aperta è la sfida di Padova.
È chiaro che vista così, sembra fatta. «Solo che non basta - avverte un colonnello lumbard - Bobo deve lavorarci ancora molto». Perché non solo i veneti da anni ormai rivendicano più potere, sfoderando invano percentuali che attestano un maggior peso elettorale rispetto alla Lombardia. Ma anche perché le accelerazioni dei mesi scorsi imposte da Tosi, dalle critiche al governo a quelle al Senatùr fino alla partita della lista civica col suo nome, hanno inasprito le tensioni in una terra già attraversata da liti fratricide: di qua quello che i maroniani chiamano irridenti «il cerchietto», e cioè l’area di Gobbo, più vicina ai cerchisti appunto; di là quelli che i cerchisti definiscono «i presenzialisti», con riferimento al sindaco star. La battaglia è fra chi si richiama alla Lega delle origini, «quella della secessione e dei signorsì nominati da Bossi anche se privi di consenso sul territorio» polemizza un tosiano, e chi invece vuole un Carroccio dei sindaci, con un rinnovamento, anche generazionale, con gli amministratori che portano più acqua al mulino elettorale. Nel mezzo, esponenti come Manuela Dal Lago, maroniana in Padania ma anti-tosiana in Veneto, che infatti ha detto che per il federale «non c’è solo Maroni». «Bobo dovrà avere la capacità di tirare dentro tutti, cercando l’equilibrio più che l’eliminazione dei nemici», dice un deputato.
Non a caso, ieri è stato il governatore veneto Luca Zaia a dire che «dobbiamo costruire un orizzonte al federale, in cui si ricostruirà l’organigramma del partito», e che «la stagione dei congressi oltre a creare correnti deve portare a una segreteria forte». Il rischio è la scissione fra Lega lombarda e Liga veneta, ha avvertito il governatore: «In passato era facile vedere una Lombardia più forte, perché più vicina al leader e fondatore. Ma non c’è mai stato un Veneto di serie B; non dobbiamo pensare di tornare indietro, alla Liga, ma ad andare avanti, all’alleanza con la Lombardia e con le altre realtà federate». Un lavoro di mediazione dunque, al congresso regionale in vista di quello federale.
Partita, quest’ultima, che Zaia annuncia di non voler giocare: «Escludo una mia candidatura perché non ho nessuna velleità, sono una persona responsabile. Il presidente di una Regione non ha tempo per fare altre cose». La solita fuga, hanno ironizzato ieri alcuni: «Zaia ci viene sempre a dire chi ha vinto a battaglia conclusa, e nel frattempo allontana da sé ogni amaro calice». Aiuterà l’operazione-amalgama anche il ruolo in via Bellerio del nuovo tesoriere Stefano Stefani, vicentino. Dicono sia stato scelto «perché fa l’orafo a livello industriale, quindi non ha bisogno di rubare». È considerato equidistante dalle fazioni, ma negli ultimi mesi si è avvicinato all’ala di Tosi. Erano i tempi in cui Gobbo provò a commissariare l’eretico sindaco di Verona. Bossi sussurrò qualcosa tipo: Tosi è morto. Stefani avrebbe dovuto essere il killer. Invece i due fecero amicizia.
I tempi stringono.

Il congresso veneto si terrà a giugno, e per ora, a parte il nome di Tosi, si fa solo quello di Bepi Covre, ex sindaco di Oderzo e figura anomala: saltò giù dal Carroccio anni fa, ma potrebbe risalirci in nome di quella che lui stesso - commentando il passo indietro di Bossi - ha definito «una nuova primavera». Prima ci sono le amministrative. Per dirla con Zaia: «Non ci arriviamo con grandi credenziali. Ma se prenderemo una bastonata vorrà dire che è la lezione che ci meritavamo».

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