Una certezza resta dopo la lettura della fumogena Agenda Monti. I sacrifici per gli italiani non sono finiti: tasse, polizia fiscale, precariato, allungamento dell'età lavorativa, asservimento ai diktat europei che costeranno cari. Il Professore è stato furbo a non nominare Imu, Iva e patrimoniale, ma non occorre essere laureati in Bocconi per capire che cosa si nasconde dietro il suo linguaggio da tesi di laurea.
Europa
«Per contare nell'Unione europea non serve battere i pugni sul tavolo», scrive Monti. Infatti meglio presentarsi come fa lui: sull'attenti e con il cappello in mano. Perché bisogna rispettare le «regole di disciplina della finanza pubblica» e «assumere le priorità strategiche definite in sede europea». Addio a ciò che resta della sovranità nazionale.
Debito
L'uomo da duemila miliardi di euro (di debito) ha coraggio. Ci vuole fegato per promettere che intende «ridurre lo stock di debito pubblico a ritmo sostenuto e sufficiente, di un ventesimo ogni anno fino al raggiungimento del 60% del Pil». Riduzione di cui non c'è ombra nei 13 mesi di tecno-governo, come non c'è traccia della «valorizzazione/dismissione del patrimonio pubblico», principale strumento per mitigare l'onere. Monti ha agito su un'unica leva: quella fiscale.
Tasse
Solenne «impegno, non appena le condizioni generali lo consentiranno, a ridurre il prelievo fiscale complessivo, dando la precedenza alla riduzione del carico fiscale gravante su lavoro e impresa». Leggere attentamente l'inciso: chi stabilisce il verificarsi delle «condizioni generali»? Chiaro, l'Europa. Quindi le tasse restano. Infatti si prevede di trasferire «il carico corrispondente sui grandi patrimoni e sui consumi che non impattano sui più deboli e sul ceto medio». Il che significa patrimoniale e rincaro dell'Iva sui beni di lusso.
Spesa pubblica
È il grande mistero montiano. Doveva ridurla per alleggerire il debito, invece «la spending review ha permesso di risparmiare 12 miliardi». I professoroni hanno intaccato appena lo 0,6 per cento dello stock colpendo «le retribuzioni dei manager e le auto blu». Alla fine dell'Agenda, Monti fa il grillino e si ricorda dei costi della politica, promettendo la «drastica riduzione dei contributi pubblici anche indiretti ai partiti e ai gruppi parlamentari e dei rimborsi elettorali». Di quanto? Non si sa. Però il Professore prevede ulteriori aumenti di spesa pubblica perché vorrebbe «parametrare le pubbliche retribuzioni in base al merito e produttività» aggiungendo «meccanismi di incentivazione dei dirigenti scolastici e degli insegnanti».
Lavoro
Il governo Monti è quello che ha inventato gli esodati e ha varato una riforma del lavoro che di fatto blocca apprendistato, stage e assunzioni di giovani. Eppure l'Agenda garantisce il «decentramento della contrattazione salariale» e magnifica «la riforma delle pensioni» che «ha dato al paese il sistema più sostenibile e avanzato in Europa». Inquietante il passaggio sul «superamento del dualismo tra lavoratori sostanzialmente dipendenti protetti e non protetti». Superare il dualismo significa protezione o precariato per tutti? Ma c'è di peggio: Monti vorrebbe rinviare ulteriormente il momento della quiescenza perché «le misure di innalzamento dell'età di pensionamento ultimamente adottate dovrebbero essere consolidate e completate con misure volte a promuovere l'invecchiamento attivo». Fine lavoro mai?
Concorrenza e merito
«Una società aperta significa che tutte le posizioni sono contendibili e non acquisite per sempre». Lo dice, con grande sprezzo del ridicolo, un senatore a vita. Che addirittura auspica l'abolizione di «corsie preferenziali, rendite di posizione, privilegi».
Riforma dello Stato
Occorre un «federalismo responsabile e solidale che non scada nel particolarismo e nel folclore». Tuttavia il primo provvedimento di Monti fu l'archiviazione del federalismo fiscale. Si prevede poi l'abolizione dei «riti della concertazione», con annessi e connessi: «La fila dei lobbisti, la giungla dei metodi di bilancio diversi per Stato e Regioni».
La legge di Stabilità appena approvata è stata l'esatto opposto.Giustizia
Tra i vari provvedimenti proposti spiccano due cavalli di battaglia berlusconiani: la «riduzione dei termini di prescrizione» (cioè processo breve) e «una disciplina sulle intercettazioni». E chi li sente i pm?
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