Gli intrighi dello stratega del pantano

La discussione sulle pensioni, al di là degli esiti, mostra il disfacimento irreversibile del centrosinistra, che, peraltro, si manifesta in mille altri episodi: Piero Fassino litiga con Francesco Rutelli che attacca Romano Prodi, Liberazione dà del fascista a Walter Veltroni, mentre Paolo Ferrero si lancia ora contro Tommaso Padoa-Schioppa ora contro Rosy Bindi che morde ai polpacci Clemente Mastella che, dalla sua, un giorno sì un giorno no afferma di essere pronto a mettere in crisi il governo. Per dare, però, a questo disfacimento uno sbocco politico, non vanno sottovalutate le doti nell'intrigo di Prodi.

Arrogante, vendicativo, ossessionato dal potere personale, il professore ha appreso da due presidenze di un'Iri ormai in decadenza, lo stile della pugnalata alle spalle, del mettere l'uno contro l'altro, del contare solo su un piccolo gruppo di boiardi. E dopo la prima esperienza di governo, è ancora più sofisticato in questa arte. Così ha giocato la partita dei Dico: prima favorevole per colpire Rutelli, poi dilatorio per conciliarsi con la Chiesa. Così quella di Telecom Italia: prima l'appoggio a Intesa San Paolo per stroncare Marco Tronchetti Provera, poi via libera a Mediobanca per sfilare Mediaset ed evitare accordi dalemian-berlusconiani. Sul sistema elettorale, fa il tedesco con Pierferdinando Casini, è pro Tatarellum con Umberto Bossi. Intanto i suoi, Giulio Santagata e Arturo Parisi, raccolgono firme per il referendum. Si pensi alla Gentiloni: prima a tutto gas, poi il governo va in difficoltà, la sfila dal programma (non c'è tra i dodici punti), infine gli serve di nuovo e rispunta. Lancia Rutelli sull'abolizione dell'Ici, poi si accorda con la Cgil, e il suo vicepremier resta in mutande. Nel Partito democratico usa Fassino una volta come straccio rosso per i margheritici, un'altra come straccio qualunque per pulirsi le scarpe.

Sono infiniti i suoi intrighi. Però in queste manovre, c'è un'idea: impantanare la politica italiana, stordire e dividere maggioranza e opposizione, far crescere un diffuso disgusto verso la politica come base per il suo predominio personale. Un geniale intellettuale come Pietro Citati ha spiegato su Repubblica come il disgusto cresca vistosamente tra la gente comune. Le crepe del sistema Prodi sono visibili: gli attacchi di una persona cauta come Mario Monti sono segnale di insofferenze diffuse. Però proprio dagli ambienti vicini a Monti, dal cosiddetto piccolo establishment può venire un forte contributo al trionfo del pantano. Dopo l'appello antevoto di Paolo Mieli e Francesco Giavazzi verso un governo di centrosinistra, evidentemente condizionato dalla sinistra antagonistica, ad attuare un programma liberista, ora dalle pagine del Corriere della Sera viene l'invito di rimandare l'alternativa a Prodi a quando Casini sarà leader del centrodestra e Walter Veltroni del centrosinistra. Un contributo decisivo alla pantanizzazione.

Chiunque rimandi a domani, la soluzione dei problemi politici (e quelli programmatici connessi) di oggi, dà un contributo alla pantanizzazione dell'Italia. La discussione sul futuro è onesta solo se non diventa la via per evitare le pressanti questioni poste dalla situazione presente.

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