L’analisi La partita delle Province è chiusa: il centrodestra vince 25-1

RomaDario Franceschini prova a fingersi esultante. Ma fa la figura di quel tizio che si compiace per la brillantezza della propria capigliatura dopo che gli sono state amputate gambe e braccia. Perché conservare la Provincia di Torino e i Comuni di Firenze e Bologna sarà anche significativo, ma perdere altre 8 Province in precedenza governate dal centrosinistra e altri 3 Comuni capoluogo non è che sia consolante, specie dopo aver già alzato bandiera bianca in 17 Province e in una decina di Comuni di primo livello solo due settimane fa.
E c’è di più. Nonostante l’astensionismo si sia rivelato un boomerang significativo per il centrodestra (il ballottaggio non piace: basti pensare che si è passati da un primo turno attorno al 70% di votanti ad un secondo che mediamente ha visto alle urne il 45% dell’elettorato), c’è un dato di fondo che dev’essere analizzato molto più dei risultati nei luoghi più significativi dove si è proceduto ai ballottaggi. Il centrodestra s’impadronisce in pratica del Nord Italia e comincia ad erodere il «potere rosso» dove appariva inespugnabile fino a qualche tempo fa. Esempi? A bizzeffe. C’è il Comune di Prato (e per la Provincia il testa a testa è durato fino alla fine, concluso da uno zero virgola qualcosa in più per il centrosinistra) dove il Pdl prende il potere. E analogamente ci sono Orvieto, Gualdo Tadino e Bastia Umbra nel carniere del centrodestra, mentre a Terni l’assalto dell’ex presidente della Rai Baldassarre al Pd fallisce di un soffio. C’è Sassuolo, patria della piastrella dove Pdl e Lega ottengono un successo storico. Ci sono Fidenza e Bassano del Grappa, Casale Monferrato e Tortona, Pescia e Guidonia, Montecchio e Monselice. È una ondata che dilaga da Nord a Sud col Pd che risponde a malapena conquistando Montecatini dopo 10 anni e Massarosa, piccolo centro in provincia di Lucca. Un po’ pochino rispetto a un Pdl che - oltre a conquistare la sfida più importante e combattuta, quella di Milano - espugna anche le Province di Venezia, Belluno ed Ascoli Piceno, Savona e Frosinone, Crotone e Lecce. E s’impadronisce di Comuni come Caltanissetta (dopo 12 anni di guida a sinistra), Cremona, Ascoli Piceno e Brindisi.
Tenta di festeggiare Franceschini. Magari ci crede poco anche lui. Dalla sua, le conferme per le province di Torino, Cosenza, Rieti, Alessandria, Rovigo, Ferrara, Parma, Rimini, Arezzo, Grosseto. Ma ha ormai il fiato degli avversari sul collo. Il centrodestra, nelle Regioni rosse, ha il 40, il 45, in alcune zone il 49,8% come mai era accaduto in precedenza. Ad Alba, Saluzzo, Follonica, Cecina e Saronno i Democratici prevalgono di pochi punti, qualche centesimo. Eppure tutto avrebbe dovuto essere dalla loro: l’astensionismo che da sempre penalizza soprattutto il centrodestra, poco fideista e dunque scarsamente tentato da un ritorno alle urne. Il can can mediatico che si è alzato su Silvio Berlusconi nelle scorse settimane. Il ricorso alla «chiama» dei fedelissimi, specie in quelle Regioni appenniniche del centro-Italia, dove la fedeltà elettorale è fin troppo spesso coniugata con una forma soft ma concreta di clientela.
Dura la scomparsa al Nord per il Pd, se si eccettuano Torino ed Alessandria (a Padova si è rischiato l’affondamento, evitato per un pelo). Perse Venezia, Belluno, Cremona dove il canoista Oreste Perri si è involato col Pdl ad un traguardo anche qui storico. Decine e decine i piccoli centri trasmigrati in blocco al centrodestra, con un buon successo - nuovamente - della Lega. E nel rosso centro appaiono macchie azzurre ormai in ogni dove: dalla Toscana all’Umbria, dall’Emilia alle Marche. Erano 50 le Province governate dal Pd prima di questo ricorso alle urne. Franceschini ne mantiene poco più della metà. Il centrodestra ne contava solo 9. Ora ne ha più di 30, avendone strappate ben 23 all’avversario. Stesso andamento per i maggiori Comuni: il Pd ne aveva 25 ed ora ne potrà amministrare 18. Il centrodestra ne governava solo 5 ed ora potrà guidare una quindicina di amministrazioni di comuni capoluogo.
Eppure Franceschini si autocomplimenta e dice di aver visto nel risultato di ieri l’avvio della fine del «berlusconismo». Sarà.

Ma è davvero un caso strano che una forza politica, al governo da un anno, nel bel mezzo di una crisi economica globale e con in più un terremoto sul groppone, riesca a strappare così tante amministrazioni, provinciali e comunali, ai suoi avversari e in più s’insinui molto pesantemente in quelle che erano le roccaforti della sinistra italiana. Ma è ormai da un po’ di tempo che gli eredi di Pci e sinistra Dc vanno leggendo un’altra storia. O indulgono nello scegliere degli occhiali che paiono fatti con lenti deformanti.

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