L’identità dell’Occidente si chiama pluralismo

Fabrizio Cicchitto*

Il quarto Convegno ecclesiale nazionale di Verona pone problemi rilevanti a tutti, anche ai laici che non sono né «devoti» né anticlericali e che si sono schierati con il centrodestra: i liberali tout-court, i radicali, i liberalsocialisti.
D’altra parte il nostro sistema politico è del tutto anomalo. Non esiste più l’unità politica dei cattolici, mentre quella dei laici non è mai esistita. La divisione fra i cattolici di sinistra e i cattolici moderati è seria, profonda ed è esplosa in seguito alla fine della Dc e ancor di più all’affermazione del bipolarismo. Queste divisioni complicano il bipolarismo all'italiana, per un verso caratterizzato da una contrapposizione frontale fra due schieramenti e dall’altro segnato da differenziazioni profonde all’interno di ognuno di essi.
Ci sembra che a Verona sono emerse tre linee di fondo: il richiamo alle radici cristiane come momento di identità di un mondo occidentale segnato da profonde contraddizioni interne e aggredito dalla contestazione insieme religiosa e militare del fondamentalismo islamico; la presa di distanza della Chiesa cattolica nei confronti del «relativismo» e di una concezione della libertà individuale che «viene eretta a valore fondamentale al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare»; una netta caratterizzazione sui temi riguardanti la bioetica, la ricerca scientifica, l’eutanasia ecc. Per un liberalsocialista che si riconosce nel complesso delle posizioni del centrodestra e che in modo forse ancor più netto si colloca ad una distanza siderale da quasi tutte le posizioni assunte dallo schieramento di centrosinistra, c’è la piena condivisione di un punto di partenza assai importante. L’Occidente deve prendere atto della «guerra di civiltà» condotta dal fondamentalismo islamico e, per parte sua, deve rispondere anche sul terreno culturale-identitario. A nostro avviso, però, proprio la definizione di questa identità è storicamente caratterizzata da un profondo pluralismo costituito dall’intreccio tra le profonde radici cristiane e la successiva emersione di una cultura laica fondata su varie versioni dell’illuminismo, e quindi del liberalismo e del riformismo.
Non a caso i due totalitarismi del XX secolo - il nazismo e il comunismo - furono contestati da un filone della cultura politica cattolica e da almeno due correnti laiche (quella liberale e quella liberalsocialista). A nostro avviso oggi deve rimanere fermo lo stesso pluralismo perché sarebbe pericolosa e fuorviante l’ipotesi di contrapporre l’integralismo cattolico al fondamentalismo islamico. D’altra parte l’esigenza di dare all’Occidente una identità è condivisa dal mondo laico che si colloca nella Casa delle Libertà, che riconosce il pieno diritto della Chiesa cattolica di esprimersi su qualunque problema; in terzo luogo su alcuni temi, ad esempio quelli riguardanti la bioetica, la libertà di ricerca scientifica e l’uso eventuale delle staminali a scopo terapeutico, i laici che non sono laicisti-anticlericali mantengono, però, nel merito posizioni distinte da quelle della Chiesa cattolica.

Sul terreno del metodo, riteniamo valida la seguente posizione che è la quintessenza di quella laicità dello stato e della politica che è un valore da tempo condiviso anche dalla Chiesa e da settori significativi del mondo cattolico: è un inalienabile diritto della Chiesa potersi esprimere su tutte le questioni sulle quali essa ritiene opportuno pronunciarsi; è un diritto del cittadino, dei partiti e dei governi, consentire o dissentire, nell'autonomia delle loro valutazioni e della politica in quanto tale, da queste prese di posizione della gerarchia ecclesiastica.
*Vicecoordinatore nazionale
di Forza Italia

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