Cosa accadrebbe se a Pyongyang decidessero di premere davvero quel bottone? Ecco la cronaca immaginaria di uno scenario realistico.
I satelliti da osservazione statunitensi seguono passo dopo passo l'incremento di attività nelle basi missilistiche nord-coreane, i comandi militari sono in allerta, ma quando i satelliti da allarme riportano il lancio di una dozzina di missili balistici c'è sorpresa. E terrore. I computer calcolano la traiettoria dei missili Ro-Dong, sono diretti verso la capitale, Seul. C'è una manciata di minuti per reagire, ma non per avvertire la popolazione. I sistemi di difesa antimissile Patriot Pac-3 dello US Army a protezione della capitale entrano in azione. La battaglia si svolge in modo quasi automatico. Le batterie Patriot sparano un primo, poi un secondo intercettore contro ogni missile in arrivo. Alcuni si sono già disintegrati in volo. Difetti di fabbricazione. Altri piombano sull'obiettivo. Vengono colpiti. Tutti. Tranne uno. Che raggiunge il cuore della città, un bersaglio strategico abbastanza grande per garantire il successo anche se il missile di Pyongyang è molto impreciso. Poco prima di impattare la testata del Ro-Dong esplode. Ed è un olocausto nucleare. Mentre si consuma la tragedia e centinaia di migliaia di persone perdono la vita, le autorità sudcoreane e quelle statunitensi discutono la reazione.
La risposta più facile consiste nello scatenare una devastante reazione militare convenzionale, per evitare che la Corea del Nord possa lanciare un secondo colpo. I piani sono pronti da tempo. Basta solo eseguirli. Ma con le immagini del genocidio che cominciano ad essere trasmesse in tutto il mondo, dopo che il sistema di comunicazioni e informazione riprende lentamente a funzionare superando il black-out causato dall'impulso elettromagnetico generato dall'esplosione, il governo sudcoreano chiede agli Usa di rispettare gli accordi che prevedono una "garanzia" nucleare in caso di attacco condotto con armi atomiche dal Nord contro il territorio del Sud. Solo per questo accordo Seul ha accettato di rinunciare a proprie armi atomiche. Washington nicchia. Cerca di convincere l'alleato che un attacco convenzionale massiccio porterà allo stesso risultato, la caduta del regime di Pyongyang. Niente da fare. I sudcoreani vogliono vendetta. Altri governi che si sono fidati delle promesse americane attendono. Il presidente Obama non può esimersi. Ordina la ritorsione. Affidata ad un singolo missile balistico Minuteman III, che dopo un volo di mezz'ora colpisce l'obiettivo militare nordcoreano. Gli Usa hanno ottenuto di non colpire un centro abitato. Aerei e missili convenzionali americani e sud coreani intanto polverizzano il potenziale militare di Pyongyang. È questione di giorni.
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