Tra il mese di gennaio e quello di aprile linfluenza colpirà, in forma più o meno intensa, 5 milioni di italiani. Nel dicembre che è appena trascorso, sono già stati accertati centomila casi. Il picco è previsto per la fine di questo mese.
Si chiamerà ancora «australiana» perché in Australia sono stati isolati i due ceppi (H1M1 ed H3M2) che sono allorigine di questa patologia che si annunzia con febbre anche alta, tosse, sensazione di stanchezza e dolori ossei. Per combatterla è stata costituita una «rete» di mille medici-sentinella, che registrano e trasmettono via web i dati via via aggiornati. Tali informazioni arrivano giorno dopo giorno ad una centrale operativa diretta dal professor Crovari.
«Non dobbiamo sottovalutare linfluenza», afferma il professor Fabrizio Pregliasco, virologo del dipartimento di Sanità Pubblica delluniversità degli Studi di Milano. «Dobbiamo sempre ricordare che ogni anno le sue complicazioni fanno, soltanto in Italia, quattromila vittime, quasi tutte anziane e già affette da altre patologie respiratorie (asma e bronchiti croniche in primo piano). Bisogna curarla subito e curarla bene».
Come? «Con i farmaci sintomatici e non con gli antibiotici. La scelta terapeutica deve essere decisa dal medico e non dalla vicina di casa. Questanno, poi, cè una espansione della malattia. In Gran Bretagna, che è la nazione europea più colpita, si prevede un aumento del 300 per cento, in Italia del 100 per cento. Sono segnali importanti, cui bisogna rispondere con prontezza e grande professionalità. Il malato di influenza che pretende di guarire senza curarsi fa del male a se stesso e agli altri, perché può contagiare coloro che incontra».
Il dipartimento di Sanità Pubblica fornisce due numeri telefonici che possono essere utili in casi di emergenza: lo 02-34.567 di Milano e lo 06-80.35.55 di Roma. Risponderanno (e se è necessario interverranno) medici specialisti. «Anche il malato di influenza - conclude il professor Pregliasco - deve essere seguito e ben consigliato. È un errore assumere medicinali a caso, è un errore ritenersi guariti al secondo o terzo giorno. Per tornare alla normalità priva di rischi devono passare almeno sette giorni».
Il contagio è estremamente facile: basta uno sternuto per trasmettere laustraliana, basta anche un bacio sulle guance.
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