L’ingegnere che manda tubi ad alta tecnologia 20mila leghe sotto i mari

La Socotherm, fondata nel 1973 da Zeno Soave, è leader nella produzione di materiali isolanti per gasdotti e oleodotti. Sono 25 gli stabilimenti sparsi nel mondo

All'inizio, nel lontano 1859 e quindi quasi 150 anni fa, c'è Zenone Soave il quale, a dispetto del cognome che porta, non si mette a produrre uno dei vini bianchi più famosi di casa nostra ma fonda a Vicenza, all'epoca ancora sotto l'imperatore austriaco Francesco Giuseppe, un'azienda per asfaltare con bitume e calcare le strade del Lombardo Veneto prima e dell'Italia unita poi. E senza scomodare troppo la fantasia, la chiama Zenone Soave & Figli. Poi è il turno di Eugenio, quindi di Ruggero fino all'attuale Zenone Eugenio, come il bisnonno e il nonno, il quale giustamente sceglie di essere per tutti solo Zeno.
La quarta generazione. Ed è proprio l'esponente della quarta generazione dei Soave a ribaltare in poco più di trent'anni il business originale dell'azienda diventando, con un nome diverso e un tantino più fantasioso come può essere Socotherm, il numero due al mondo nel rivestimento delle pipeline, i tubi per il trasporto del petrolio e del gas, e il numero uno nell'isolamento dei tubi destinati nelle acque profonde, dove la temperatura è bassa e la pressione è di 200-300 atmosfere.
Quel «no» alla gavetta. Il fatto curioso è che Zeno Soave, classe 1943 e unico maschio di quattro figli, crea la Socotherm nel 1973 a soli trent'anni perché si rende conto che nell'azienda di famiglia, quella che asfalta le strade ed in cui lavora già da qualche anno, non c'è molto spazio per lui in quanto la gestione è affidata al cognato, marito di una delle sorelle. E dal momento che il padre non vuole frizioni di sorta in azienda e lui non vuole continuare a fare la gavetta, decide di mettersi in proprio facendosi dare i soldi in prestito dalle banche. Questo Zeno Soave è insomma un tipo piuttosto tosto: sprizza energia, ammette che gli piace vivere, non vuole sentire parlare di ostacoli. A 17 anni si diploma al liceo con il massimo dei voti perché il padre gli ha promesso la macchina e così lui si compra una Giulietta Spider pur non avendo ancora la patente. A 23 anni si laurea in ingegneria civile a Bologna perché il padre gli ha promesso la Porsche 911. Ma poiché il giovane Zeno ha uno spirito da viveur e va pazzo per le donne e i motori, il padre lo spedisce una settimana più tardi tra i carabinieri per il servizio di leva. Lui non fa una piega e finisce nel settore sportivo dei carabinieri in quanto è stato campione italiano di sci tra gli universitari ed ha partecipato a due universiadi nella discesa libera. Così, quando nel 1969 entra in azienda e vede che i posti nei piani alti sono bloccati, ad un certo punto prende cappello e se ne va.
Zeno Soave entra in una nicchia del mercato dell’energia che in quegli anni è agli albori: quello dei rivestimenti delle tubature per evitare la corrosione dei gasdotti e oleodotti. E lo fa a ragione veduta: i rivestimenti sono di garza di vetro impregnata di asfalto. E sull’asfalto i Soave hanno un eccellente know how. Ma non corre da solo in questa avventura, secondo una caratteristica che poi applicherà alla grande quando andrà all'estero: si allea con Gustavo Corradini il quale a Correggio ha una società di componenti poliuretanici. Ed ecco il nome di Socotherm. Le prime due lettere stanno per Soave, le altre due per Corradini il quale rimarrà a lungo socio dell’azienda mentre «therm», spiega Soave, «dà il senso dell'energia termica. L'energia è potenza termica e ci accomuna a quelli che sono gli indici relativi del settore energetico».
La prima commessa. Arriva quando a malapena la Socotherm ha la carta intestata: una fornitura dell'Amoco per rivestire l'oleodotto Cremona-Ostiglia. Quindi arrivano i contratti dell’Agip e della Petrobras per due oleodotti in Libia e in Brasile. E poi il settore si espande piuttosto velocemente, in particolare dalla fine degli anni Ottanta; la Socotherm cresce di pari passo grazie anche alla direzione tecnica di un manager molto valido, Fernando Culzoni, il quale è cofondatore e socio dell'azienda; Soave spinge l'acceleratore sull'innovazione creando un team di oltre 40 tra ingegneri e tecnici sparsi oggi in tre centri di ricerca (uno ad Escobar, in Argentina, e due in Italia, ad Adria e a Pozzallo, in provincia di Ragusa, dove a fine ottobre sarà inaugurato uno stabilimento supertecnologico); la ricerca porta a una ventina di brevetti tra cui il sistema Wetisokote che prevede, per i tubi che devono essere posati a 2mila metri di profondità, il rivestimento in polipropilene sintattico caricato con sfere cave di vetro; la Socotherm entra nei mercati esteri creando joint ventures con i partner locali, quasi tutti più grossi di lei, dalla Tenaris della famiglia Rocca in Sud America alla cinese CPP e all'americana La Barge fino ad avere all'estero 25 stabilimenti di cui una decina solo in Cina, dislocati o dove i tubi sono prodotti o vicino ai porti dove i tubi sono imbarcati per la loro applicazione. «Siamo una multinazionale tascabile», commenta con sussiego.
La conquista dell’America. È una crescita impetuosa che porta la Socotherm ad essere il più grande operatore del settore nel Far East, a procedere a marce forzate alla conquista del Nord America, a svolgere un ruolo importante in Arabia Saudita e dintorni, ad essere in campo anche in Russia e nel Nord Africa. L'attività della Socotherm diventa così preponderante rispetto a quella dell'azienda di famiglia per cui a un certo punto la vecchia Zeno Soave & Figli viene addirittura incorporata nella Socotherm diventando la Divisione infrastrutture. E per avere i soldi necessari a questo sviluppo che ha come teatro un po' tutto il mondo, Soave bussa alle porte della Borsa: dapprima a Milano nel 2002 per poi approdare al segmento Star, quindi a Buenos Aires nel 2006 con la Socotherm Americas. Così il gruppo ha oggi 1800 dipendenti fissi, di cui il 90% all’estero, più altri 1200 in base alle commesse, con un fatturato di 370 milioni di euro di cui solo il 10% realizzati in Italia. Ed è un giro d'affari ottenuto per il 90% con il rivestimento delle pipelines e per il 10% con l'ambiente.
«Il Pensatore». Sposato in terze nozze con Virginia Rodolfi, sei figli avuti dai tre matrimoni (due - Irina e Luisa - lavorano già in azienda; Ruggero, 1988, nato e cresciuto negli Stati Uniti, sembra voglia dedicarsi alla musica ed ora è a Milano per seguire proprio questa passione; Tommaso, Gabriele e Michele sono ancora piccoli, il più grande ha appena cinque anni), Zeno Soave è considerato un eccentrico in quanto voleva chiamare i suoi figli (anzi, lui li chiama così) con nomi fuori dal comune: Selvaggia, Blue, Tarzan, Simba e via di questo passo. Talmente eccentrico da avere piazzato nel giardino dell’azienda l'opera, datata 1926, del Rodin italiano, Ernesto Bazzaro: «Il pensatore», un'icona della filosofia di Soave il quale ama ripetere che «per crescere bisogna innovare e per innovare bisogna pensare». E rendendosi conto di non potere andare in pensione in quanto la successione non è proprio dietro l'angolo, si butta con grande entusiasmo nei nuovi business. Così ha ora in animo di creare una Divisione dedicata all'ambiente in cui concentrare tre attività. La prima è quella attuata dall'ex Zeno Soave & Figli, ribattezzata Divisione infrastrutture e con alle spalle una serie di brevetti europei e di primati: dall'invenzione negli anni Ottanta dell'asfalto drenante, cioè dell'«asfalto salva vita» che impedisce l'aquaplanning e quindi migliora la sicurezza della circolazione, al recente Pavirec e cioè al riutilizzo totale del materiale esistente con la sola aggiunta di un 15% di materiale nuovo.
Questo significa, spiega, «eliminare l'estrazione di nuovi inerti dalle cave ed il trasporto per portare via il vecchio materiale, ridurre i costi energetici del 30% e le emissioni in atmosfera di un altro 30%».
Gli altri due business sono nuovi.

Grazie ad un accordo del maggio di quest'anno con un gruppo americano del Michigan e la conseguente nascita della Socovoltaic Systems. Dice: «In pensione? Continuerò a correre come quando ero ragazzo e scendevo sugli sci a cento all'ora».
(149. Continua)

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