L'ultima (per ora) trovata per convogliare denaro nel business dei corsi per professionisti è la cosiddetta formazione permanente, obbligatoria per tutti gli iscritti a ordini e albi. L'aggiornamento dev'essere continuo; non basta il tesserino professionale né l'esperienza lavorativa che si accumula anno dopo anno. È necessaria una formazione obbligatoria che dà diritto a ottenere crediti, in mancanza dei quali potrebbe essere messa a rischio la stessa permanenza nel registro professionale di categoria. Per qualche ordine infatti la mancanza o l'insufficienza di crediti formativi costituisce addirittura un illecito disciplinare.
Anche il mercato di questi corsi rappresenta un business importante, sebbene molte iniziative vengano organizzate gratuitamente dagli organismi deontologici delle varie professioni. Ma in gran parte i crediti formativi devono essere ottenuti frequentando corsi privati a pagamento, tenuti da esperti e messi in piedi da agenzie ed enti specializzati. Anche in questo caso, i più penalizzati sono i giovani appena approdati alla professione con redditi bassi. Per i «vecchi» del mestiere, viceversa, l'aggiornamento si considera meno stringente evidentemente perché l'esperienza fa premio sulle competenze teoriche che si possono apprendere a una lezione.
In aggiunta, capita che questi corsi di aggiornamento obbligatori vadano ad affiancarsi ad altre iniziative di qualificazione professionale promosse dalle aziende, magari multinazionali che devono allineare le competenze di lavoratori operanti in diverse realtà produttive e geografiche. Spesso i corsi aziendali interni, molto impegnativi e non di rado piuttosto costosi, non si possono sostituire ai programmi che danno diritto ai crediti formativi: la burocrazia scoraggia le imprese dal cercare una forma di coordinamento con gli ordini professionali.
In ogni categoria vige un sistema diverso per calcolare i crediti da conseguire.
Difficile quindi stimare un valore complessivo del giro d'affari legato all'aggiornamento professionale continuo. Per i lavoratori più fortunati, una parte di queste spese viene sostenuta dalle stesse aziende nel caso in cui siano previsti accordi interni che favoriscono l'aggiornamento professionale dei dipendenti.SFil
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