L'apocalisse può attendere: come la paura ha reso il «green» una fede globale

I termini «apocalisse» e «catastrofe» hanno avuto per lungo tempo due percorsi diversi, ma sempre più frequentemente il primo viene associato al secondo

L'apocalisse può attendere: come la paura ha reso il «green» una fede globale

I termini «apocalisse» e «catastrofe» hanno avuto per lungo tempo due percorsi diversi, ma sempre più frequentemente il primo viene associato al secondo. Tra i riferimenti autorevoli di questo nuovo «catastrofismo apocalittico» un posto d'onore deve essere riservato a Walter Benjamin e in particolare alla nona delle sue diciassette Tesi sulla filosofia della storia (1940), in cui compare per la prima volta l'angelo della storia: «Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle». Questa tempesta è da intendersi quasi in senso letterale.

La nuova ondata di attivismo per il clima, infatti, sembra temere una catastrofe annunciata (in origine con il termine «apocalisse» si intendeva esattamente una rivelazione). Alla apocalisse nucleare si è sostituita così una nuova forma di allarmismo ecologico che sembra confermare quanto Pierre Bayle, nel suo studio sulle comete, sostenne più o meno a ragione a proposito di ogni religione: che il loro potere derivasse dalla paura. Ma la paura non è mai costruttiva e ragionevole. I nomi di alcuni movimenti, come Extinction Rebellion o Ultima Generazione rendono bene l'idea. In un'intervista a Sky del 2019 Greta Thunberg disse: «Non dobbiamo pensare all'ottimismo o al pessimismo quanto piuttosto a essere realisti». Tuttavia, negli ultimi quattro anni il racconto dell'emergenza climatica è stato tutt'altro che oggettivo. Mentre una parte politica ha continuato a negare l'impatto del climate change, i movimenti legati a un nuovo ambientalismo ideologico, che combatte a un tempo il razzismo, il colonialismo e soprattutto il capitalismo, hanno compensato con abbondanti dosi di catastrofismo spacciato per scienza. Questo nonostante le legislazioni internazionali stiano vagliando programmi ecosostenibili tanto stringenti quanto rischiosi. Un recente sondaggio del Pew Research Center mostra infatti come il 63% degli americani sia convinto dell'impatto negativo del cambiamento climatico, percentuale che aumenta se si considerano proprio i più giovani (78% tra i 18 e i 29 anni).

Per spiegare il fenomeno del catastrofismo climatico il giornalista americano Michael Shellenberger (Eroe dell'Ambiente per il Time e vincitore del Green Book Award) ha scritto un intero libro dal titolo decisamente esplicativo: L'apocalisse può attendere. Errori e falsi allarmi dell'ecologismo globale. Shellenberger conferma l'intuizione del nuovo ambientalismo come «neoreligione giudaico-cristiana che ha sostituito Dio con la natura» e ipotizza una possibile ragione psicologica del suo successo: «Fornisce alle persone una storia che li raffigura come eroi». In questo senso concettualizzare l'apocalisse conferisce agli attivisti un ruolo, un'identità e un posto dalla parte dei buoni. Il ché è abbastanza curioso se si pensa che parliamo proprio di quelle generazioni che più di tutte hanno cercato di smantellare i canonici ruoli di genere e molti valori tradizionali, rinunciando contestualmente a vari modelli di identità, dalla nazionalità al cognome dei padri.

Così, chi si è trovato a relativizzare tutto ha poi cercato un ruolo stabile e assoluto nel contesto del più grande fenomeno globale insieme alla pandemia da covid-19, l'emergenza climatica. Così molti attivisti hanno preso spunto da poche notizie scientifiche per costruire una narrativa terrificante di qualsiasi evento abbia a che fare con la natura. Un esempio recente: gli incendi estivi in Italia nel 2023. La correlazione con il cambiamento climatico è stata quasi immediata, nonostante fosse sbagliata. Ad agosto del 2023, quando si gridava all'emergenza, in Italia erano stati registrati secondo l'Effis (lo European Forest Fire Information System della Commissione Europea) 171 incendi contro i 481 dell'anno precedente (nel 2020 invece 498, 336 del 2019).

Se esistesse davvero una correlazione diretta tra incendi e cambiamento climatico dovremmo dedurre che nel 2023 le cose siano andate migliorate. Ma questo non fa crollare il castello del catastrofismo climatico? Per loro fortuna il numero di incendi, anche secondo l'ultimo rapporto dell'Ipcc, non è un indicatore del cambiamento climatico, soprattutto in Italia, dove almeno la metà di questi eventi ha origine dolosa. Ma gli apocalittici non retrocedono di un passo e continuano a citare la Bibbia dell'ambientalismo, proprio l'ultimo report dell'Ipcc.

Lo stesso che, pur confermando molte ipotesi poco tollerate dai negazionisti del clima ha rinunciato allo scenario davvero apocalittico, quello chiamato RPC 8.5, in favore di uno scenario meno grave, l'RPC 6.0. Questo non significa che non esista alcuna emergenza ed è chiaro che sia necessario pensare a delle soluzioni. Ma non si tratta della fine del mondo.

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