Il timore per il diffondersi del politicamente corretto e della cancel culture nella nostra società, in particolare nel mondo accademico, porta sempre più figure autorevoli in ambito culturale a prendere le distanze dalla pericolosa deriva ideologica a cui stiamo assistendo.
L'ultimo caso è quello di Maurizio Bettini, classicista e scrittore, Direttore del Centro Antropologia e Mondo antico dell'Università di Siena e prolifico studioso della classicità che ha da poco pubblicato per Einaudi il libro Chi ha paura dei Greci e dei Romani? Dialogo e «cancel culture».
Bettini si interroga sul rapporto tra i contemporanei e i classici sostenendo che, nel corso della sua decennale carriera, difficilmente avrebbe «pensato che i classici potessero essere considerati non soggetti con cui identificarsi, o da cui distaccarsi, ovvero tutte e due le cose insieme, ma addirittura soggetti di cui aver paura».
Come spiega riferendosi alla cancel culture, «non era facile prevedere che un giorno qualcuno avrebbe messo in guardia i giovani dalla lettura delle opere greche e romane, cospargendole di avvisi di pericolo o addirittura escludendone direttamente alcune dal canone; gli stessi che avrebbero accusato i classici di aver contaminato la nostra cultura con il razzismo, il sessismo, il suprematismo bianco, arrivando al punto di auspicare addirittura l'abolizione del loro insegnamento».
Eppure oggi ci troviamo in questa situazione, con una deriva che in Italia non ha raggiunto i livelli degli Stati Uniti ma è arrivata anche dalle nostre parti attraverso un fenomeno chiamato «decolonizing classics». Bettini nel suo libro racconta episodi e momenti in cui cancel culture e decolonizing classics sono avvenute nelle università, nel mondo della cultura, nelle istituzioni: «non solo mettendo a tacere i documenti e le memorie che sono giunte fino a noi, cancellandone la storia, ma direttamente riscrivendola, ispirandosi a modelli etici che si ritengono più conformi alla cultura di oggi. In altre parole la storia viene sostituita dalla morale».
Il passaggio da storia a morale è un punto centrale per comprendere come si sia arrivati al punto in cui siamo oggi. Bettini cita la serie tv Netflix Bridgerton, tratta dal romanzo di Jane Austen Persuasion, in cui sono introdotti personaggi aristocratici neri mentre nella Londra del Settecento, pur essendoci numerosi neri, essi si trovavano nella condizione di servi.
È un esempio perfetto non soltanto di un utilizzo strumentale della storia, ma anche della volontà di riscriverla secondo i canoni contemporanei, come avvenuto in numerosi casi, dalla Sirenetta a Cleopatra, passando per la nuova Biancaneve mulatta in cui, in nome dell'inclusione, sono stati cancellati i sette nani sostituiti dalle «creature magiche».
Si agisce «riscrivendo la memoria delle culture passate, cercando così di addomesticarla, di renderla più buona» leggendo fatti avvenuti duemila anni fa con gli occhi contemporanei. Una forma insopportabile di presunzione culturale che testimonia una chiusura verso il passato tipica della contemporaneità. Una società «presentista» in cui «cancel culture e decolonizing classics, nello zelo con cui intendono rimuovere, purificare, correggere la cultura o le culture che ci vengono dal passato, contengono qualcosa di missionario». Il carattere messianico e dogmatico (tipico delle religioni tradizionali e che perciò non può essere messo in discussione) della cancel culture è un aspetto che emerge nel corso del libro di Bettini: «gli apostoli dei moderni movimenti anglosassoni ritengono non solo legittimo, ma necessario cancellare la cultura precedente al loro avvento, eliminandone eventi o personaggi che suonano oggi sgraditi; ovvero riadattarla ai propri convincimenti, modificando o purificando le testimonianze che ce ne sono rimaste».
Chi ha paura dei Greci e dei Romani? Dialogo e cancel culture è una lettura necessaria anche per scardinare il tentativo di una parte del mondo liberal di ridurre il contrasto alla cancel culture e al politicamente corretto a una battaglia cara solo al mondo conservatore, quando in realtà si tratta di un fenomeno che accomuna tutte le persone di buonsenso.
Bettini ha un approccio molto più oggettivo rispetto al libro , sempre edito da Einaudi - di Davide Piacenza La correzione del mondo. Cancel culture, politicamente corretto e i nuovi fantasmi della società frammentata, in cui si tende a sminuire questi fenomeni definendoli «complottismo vittimista» da parte dei «reazionari» e liquidando la cancel culture a un «mantra distorsivo».
Continuare a negare o derubricare come un'esagerazione un problema che esiste e che Bettini definisce un «attacco alla cultura classica, così vigoroso da giungere talora a reclamare la soppressione del suo insegnamento» è sintomatico di un'ideologizzazione della cultura che alcuni vorrebbero normalizzare anche in Italia, tradendo una forma di sudditanza culturale verso alcune frange radicali del mondo americano che andrebbero rigettate, non imitate.
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