Che Jane Birkin sarebbe diventata Jane Birkin senza neanche volerlo s'era capito già nella Swingin' London quando a diciassette anni recita a teatro e poi canta nel musical di John Barry, autore delle colonne sonore di 007. Aveva 17 anni, a 19 lo sposa e diventa mamma di Kate (morta forse suicida nel 2013) poco dopo aver eccitato il mondo recitando nuda in Blow up di Michelangelo Antonioni. A scuola Jane Birkin figlia di un'attrice e di un maggiore della Royal Navy che aiutò anche la resistenza francese, era stata presa in giro perché svagata, eterea e mascolina, una figlia dei fiori prima dei fiori. E quindi la Londra esagerata e pioniera di Carnaby Street diventò per forza il suo approdo ideale. Boom. Tutto troppo e tutto troppo in fretta. La perfetta sublimazione degli anni Sessanta.
Allora si innamora di Serge Gainsbourg, parigino maudit e poetico, e tutto rallenta, tutto si intorbidisce. È il legame definitivo, quello che non finisce mai, che è tossico ma anche benefico, che si ubriaca di passioni ed è pure ubriaco di alcol. Diventano la coppia del post Sessantotto francese. C'erano Jackie e Aristotele e c'erano Jane e Serge. Registrano una canzone che lui aveva scritto per Brigitte Bardot che però si era vergognata di cantare. Invece Jane Birkin lo fece e Je t'aime moi non plus divenne un successone non certo per la qualità musicale (dai su), non certo per la profondità del testo (dai su) o del titolo che significa Io ti amo, neanch'io ed è un omaggio al surrealismo di Salvador Dalì. A sconvolgere tutti fu la disinvolta sensualità dei mugugni e dei sospiri di Jane appoggiati su di una anonima base strumentale buona per lo spot di Vecchia Romagna.
Dopo averla registrata, Jane e Serge tornarono in albergo e chiesero a mo' di esperimento di diffondere la canzone durante la cena: tutti smisero di mangiare per seguire quella sarabanda di gemiti. «Beh abbiamo registrato un successo» disse lui. Aveva ragione, anche se alla lunga quel brano, che fu stra discusso in Gran Bretagna e censurato in Italia, risultò estremamente limitante per tutti e due, lui uno chansonnier che ispirò anche Gino Paoli o Fabrizio De Andrè, lei una bomba sensuale («Ero ossessionata dal sesso» ammise pochi anni fa) nata per diventare un'icona. Nel 1971 nasce la loro unica figlia, Charlotte, attrice e regista che nel 2021 raccontò il proprio rapporto con la mamma in Jane by Charlotte. Jane e Serge diventano un «brand» e di Je t'aime moi non plus girano pure un trascurabile film nel 1976. Ma poco importava la qualità. Non c'era rotocalco che non si occupasse di loro, erano i Ferragnez dell'epoca (mutatis mutandis) e avanti così per un decennio con dischi cantati insieme mentre lui si scioglie nell'alcolismo e lei recita in film che meritano un posticino nella storia come Assassinio sul Nilo con David Niven, Peter Ustinov, Mia Farrow e Bette Davis.
Nel 1980 fu un altro uomo a portarla via dal «suo» uomo che la demoliva demolendosi con il whisky. Con il regista Jacques Doillon divide vita, set e rinascita. Recita nei suoi film (ma anche in quelli di Godard o Leconte), mette al mondo Lou, che è impressionante tanto le somiglia, esce dal cono vizioso dello scandalo, diventa la terza Jane Birkin, quella elegante, austera, candidata due volte ai premi César che sono gli Oscar francesi. Diventa la Jane Birkin di Hermés, la borsa più costosa del mondo. Un giorno del 1984 sul volo Parigi Londra dalla sua borsa cade metà del contenuto, lei si lamenta dell'impossibilità di trovare una borsa adatta alle proprie esigenze. Di fianco c'è Jean-Louis Dumas, presidente e direttore artistico della maison, e il resto è storia.
Oggi è una «it bag», una borsa che basta il nome, a seconda dei materiali usati può costare fino a 300mila euro e ci vogliono anche sei anni di attesa per averla.
Dopo essersi separata anche da Doillon, ha continuato a recitare ma si è trasformata in una interprete fortemente legata al proprio tempo sia che cantasse con Paolo Conte o con Manu Chao, con Caetano Veloso o con Brian Molko dei Placebo. Il mito Birkin non aveva più bisogno di essere alimentato e manco il lieve ictus del 2021 oppure la notizia della sua leucemia lo avevano scalfito. E a maggio anche il rinvio dei concerti non aveva creato preoccupazione. Aveva scritto che «mi serve ancora un po' di tempo» ma niente panico, è Jane Birkin, diamole tempo. E invece.
Perciò nessuno ci credeva quando ieri è stata trovata senza vita nella casa di Parigi. Ma come? Con Jane Birkin se ne va uno degli ultimi simboli di un'epoca nella quale bastava «je ne sais quoi», quel nonsoche per trasformare una bella ragazza nella diva che segna un'epoca.
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