IA, i lavori a rischio e i nuovi mestieri

Il dibattito sulla possibilità che le Intelligenze artificiali (IA) facciano incetta di posti di lavoro tende sempre dalla parte pessimistica e solo di rado si concentra sulla quantità di impieghi che possono creare. Eccone alcuni già evidenti, altri non possiamo ancora immaginarli

(Immagine: https://pixabay.com/geralt)
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Le Intelligenze artificiali (IA) non ruberanno impieghi, ma sconvolgeranno il mercato del lavoro così come lo conosciamo oggi. Questo aspetto, che ormai appare chiaro e persino banale, è però un discorso a tendere perché non sappiamo dire quando questo scombussolamento – in parte già in atto – si manifesterà in modo dirompente. È però verosimile che, tra posti di lavoro a rischio e nuovi mestieri il saldo potrebbe essere quasi pari, considerazione alla quale giunge anche uno studio curato dall’Istituto nazionale per le analisi delle politiche pubbliche (Inapp).

Secondo uno studio redatto dall’Università della Pennsylvania (uno tra i tanti), ripreso da vari media, c’è un elenco di professioni destinate a scomparire nei prossimi anni, tra queste figurano i cassieri, i fotografi, scrittori, ma anche matematici, ingegneri e web designer.

Il paradigma da prendere con le pinze

L’assunto da cui parte la ricerca dell’Università della Pennsylvania può essere riassunto così: il 20% dei lavoratori può vedere le proprie funzioni ridimensionate in favore di un’IA e l’80% degli impieghi cambieranno grazie alle Intelligenze artificiali. Al di là delle percentuali, la seconda parte dell’assunto è più realistica della prima. Lo dimostra, ad esempio, un assunto che si diffonde nei corridoi dei reparti di radiologia degli ospedali (soprattutto americani), secondo la quale non varrebbe più la pena formare radiologi perché le IA sono molto più performanti rispetto all’uomo.

Un mito ampiamente sfatato: i radiologi servono ancora (e sono anche sotto stress per il super-lavoro) ma occorre che sappiano lavorare sfruttando le IA, usandole come assistenti. Nessuno è disposto a farsi leggere una diagnosi da una macchina né, tanto meno, si può lasciare libera un’IA di formulare diagnosi senza la supervisione umana.

I nuovi mestieri

Possiamo stilare un elenco dei nuovi mestieri, forse ben più lungo di quello delle professioni a rischio o sul viale del tramonto, ma non potrà mai essere esaustivo.

Partiamo dal presupposto che le IA vanno addestrate, testate, revisionate e aggiornate. Oggi basta scattare una fotografia con lo smartphone per accorgerci che viene etichettata: alla fotografia di un albero viene associata l’etichetta generica “albero”, alla fotografia di uno stadio può essere associata l’etichetta del nome dello stadio stesso (per esempio, San Siro) e alla fotografia di un cane viene associata l’etichetta “animali” o “cane”. Tutto ciò è possibile grazie al lungo lavoro di persone che hanno istruito le IA e, più queste ultime prenderanno piede, più sarà necessario addestrarle e gestirle. Migliaia, se non persino decine di migliaia, di posti di lavoro.

Le IA sono l’anima della robotica che può avere un impatto nefasto sugli operai, questo è fuori dubbio. Ma si tratta di un impatto relativo laddove l’uomo saprà collaborare con la macchina e, allo stesso tempo, sarà necessario mantenere e programmare gli impianti tecnologici dell’impresa.

In un contesto più generico, così come abbiamo peraltro già scritto, ci sarà una forte domanda di professioni quali, per esempio:

  • Scienziati dei dati,
  • Esperti di cyber sicurezza,
  • Progettisti di dispositivi hardware e di sistemi software,
  • Programmatori,
  • Tester (in diversi ambiti).

A queste, che sono le più evidenti, si aggiungono professioni che ancora non esistono ma, anche non avendo la sfera di cristallo, non è impossibile immaginare: si va da professionisti in grado di riconoscere contenuti generati da un’Intelligenza artificiale e quelli prodotti dall’uomo (sì, ci sono delle IA in grado di farlo, ma non si manda una volpe a contare le galline), oppure profili vicini alla medicina per la validazione presso i pazienti dei valori vitali raccolti da sensori e poi trasmessi ai medici curanti.

Inoltre, e non è da sottovalutare, le discipline umanistiche conosceranno un’ennesima giovinezza. I temi sollevati dalle IA vanno dibattuti anche da filosofi, psicologi, storici e sociologi, non soltanto da persone con una formazione scientifica. È ovvio che, anche la nuova corrente umanistica deve posare gli occhi sulle tecnologie e conoscerne il potenziale.

È poco probabile che spariranno completamente le figure professionali che oggi vengono considerate a rischio, perché in ogni professione servono doti che le IA non hanno e non avranno a breve:

empatia, capacità di astrazione, intuito e altre ancora. Il più grande pericolo a cui ci espongono le IA è avere paura di quello che potranno fare in futuro, quel medesimo futuro che non è ancora arrivato e che, per quanto ne sappiamo, potrebbe non arrivare mai.

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