"Sono stato al suo fianco nei gay club di tutto il mondo, in vacanza, a casa di Michael Jackson. L'ho preso in braccio nelle stanze della sua villa di Londra: l'Aids gli aveva scarnificato un piede". A parlare è Peter Freestone, assistente di Freddie Mercury per 12 anni e autore del libro Freddie Mercury, una biografia intima.
Nel volume sono diverse le rivelazioni sul cantante dei Queen, ritratto lontano dal palco. Come la storia con un certo Bill Reid, che aveva conosciuto in un bar di New York. Fu una relazione turbolenta che portà Reid a mordere la mano di Freddie. "Sentiva un dolore fortissimo e perdeva sangue dalla ferita, ma rifiutò qualunque tipo di soccorso. E salì sul palco", racconta Freestone, che per il cantante era molto più di un assistente: era "la sua ombra, la prima persona a cui si rivolgeva per qualsiasi esigenza".
Ed era con lui anche quando è morto, la sera del 24 novembre 1991. "Non puoi capire che cos’è l’Hiv finché non vedi da vicino come consuma gli uomini", racconta in un'intervista a Panorama, "Ho vissuto al suo fianco l’era della luce e quella del buio. Dopo la diagnosi, è scesa la notte. Ho visto la più straordinaria delle vite glamour trasformarsi in una mesta fuga dal mondo".
E racconta quanto, come nel più banale degli stereotipi, contasse per lui il sesso, quando non era impegnato a scrivere musica memorabile. "Era un’attività spensierata da praticare senza grandi investimenti emotivi. L’amore di cui cantava apparteneva a un’altra dimensione e non so se l’abbia mai sperimentato di persona".
Mercury amava la vita notturna, "il Saint, un vecchio teatro nel Lower East Side di New York trasformato in uno spettacolare nightclub per omosessuali. Riuscii a ottenere la tessera di socio onorario in modo che il suo nome non comparisse fra quello degli avventori". Ma fu difficile, racconta Freestone, avere un armadietto dove riporre "i vestiti normali e la droga", dopo "avere indossato gli indumenti fetish e il necessario da mettersi sopra durante le danze".
Ed era proprio l'assistente a procurare la droga al cantante: "Il venerdì pomeriggio andavo a casa del nostro spacciatore di fiducia nel Lower West Side. Su un tavolo c'erano due cestini da lavoro di metallo con dentro un vasto assortimento di pastiglie e polverine, tutti etichettati con nome e prezzo. Mancava solo il carrello…".
Il ricordo è vivido nella mente di Freestone, che rivede "nel giardino di Jackson mentre, schifato e con i pantaloni bianchi sporchi di fango, viene costretto a visitare una sorta di minizoo privato. Era terrorizzato dai lama, temeva i loro sputi come la peste".
Fino alla scoperta della malattia nel 1987: "Io ho l’aids, lo dicono i migliori medici sulla piazza, se vuoi lasciarmi non farò niente per impedirtelo, capirò", disse Mercury al compagno Jim Hutton (morto di tumore nel 2010), che non lo abbandonò fino alla morte.
"Due settimane prima di spegnersi, Freddie mi disse: Basta con le medicine", ricorda ancora Freestone, "Era appena rientrato da Montreux, era debolissimo e aveva la vista appannata. Sapeva che la sua ora stava per scoccare".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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