L'istituto chiude gli sportelli ma i soldi li vuole tutti e subito

Tolleranza zero con gli imprenditori in difficoltà. Che fanno sacrifici. Ma dove possono continuano a lavorare (e a pagare)

Dal nostro inviato a San Felice sul Panaro (Modena) 

Non ha molto tempo da perdere Dario Tassi. Non ne ha nessuno, da queste parti e in questi giorni. Ma lui ha qualche moti­vo in più. Il suo salumificio, la Valpa di Ri­vara, tra Finale Emilia e San Felice, è uno dei pochissimi spacci alimentari aperti nelle località terremotate. Il sindaco gli ha perfino chiesto di prolungare gli orari in modo che nessuno possa lamentarsi di non poter fare la spesa. È stato fortunato, Dario Tassi: i suoi capannoni, dove macel­la i maiali per trasformarli in salami, cote­chini e salsicce, sono sopravvissuti alle scosse di questi giorni. Nemmeno un gior­no di chiusura.

Il punto vendita è un via vai di persone a ogni ora. I 20 dipendenti sono quasi tutti al lavoro: nessuno è stato obbligato, anzi un paio (tra cui un rumeno) hanno ottenu­to u­n giorno di permesso per portare la fa­miglia al sicuro. C’è poco tempo da perde­re, appunto. Ma ieri una sua impiegata ha sprecato mezza mattina per cercare una banca aperta. Doveva fare un pagamento e la filiale del suo istituto è chiusa. Lesiona­ta anch’essa dalle scosse che colpiscono poveri e ricchi in ugual modo. Sprangate anche le agenzie appena più lontane. La peregrinazione alla caccia dello sportello si è fatta sempre più estesa fino ad arrivare a Nonantola,alle porte di Modena,30 chi­lometri e quasi un’ora d’auto dal salumifi­cio, visto che molte strade sono intasate dalle lente colonne di mezzi di soccorso. E altrettanti per ritornare.

Mezza mattina perduta (più le spese della benzina) perché la banca è chiusa ma non può attendere i soldi. Tassi è co­me tutta la gente di qui: non si lamenta. «È giusto- dice il titolare del salumificio- . Do­vevo pagare gli allevatori che mi avevano dato i suini da macellare. Io ho la fortuna di poter continuare a lavorare e sarebbe sbagliato interrompere la catena dei paga­menti. L’abbiamo fatto volentieri, anche questo è un modo per dare una mano a far girare il denaro».

Ma qualche giorno di tolleranza crediti­zia gli avrebbe fatto comodo. La banca po­teva intervenire sui giorni di valuta, farsi carico di qualche manciata di euro. Tassi non ha chiesto niente a nessuno e ha sal­dato il suo debito. Meglio evitare di finire in qualsiasi lista nera di cattivi pagatori.

Lavora parecchio, Dario Tassi. Ma attor­no a lui è il disastro. Rivara sembra uscita da un bombardamento aereo, stalle e ca­scinali hanno qualche muro in piedi e i tet­ti sfondati. La facciata della chiesetta del paese è un mucchio di macerie. Eppure la Valpa ha tenuto. «Qui sono caduti soltan­to i salumi appesi a stagionare - racconta -. Ho tre capannoni: il primo ha 50 anni, il secondo risale al 1992 e fu costruito secon­do i criteri antisismici, l’ultimo è appena finito. Tutto indenne. Chiaro, ho preso una paura matta.Qui sottoc’era l’epicen­tro delle prime scosse, sembrava che un martello picchiasse sotto il pavimento. L’altra mattina ho visto questi muri spo­starsi di 20 centimetri. Ma la struttura ha retto. Due verifiche dei vigili hanno con­fermato l’agibilità e gli ispettori dell’Ulss hanno constatato l’esistenza delle condi­zioni igieniche per la macellazione».

È il resto che non ha tenuto. Il 40 per cen­to dei clienti (negozi di alimentari, super­mercati, ristoranti, agriturismi concentra­ti nella fascia da Bologna a Ferrara) è chiu­so. Le sue prelibatezze rischiano di resta­re nei capannoni di stagionatura. «Dob­biamo tirare avanti in ogni modo- sospira - anche se il mercato soffre.

Tra una sett­i­mana cominceremo ad avere problemi di liquidità e chi compra chiederà dilazioni di pagamento.Bisogna che l’economia di queste zone riparta al più presto altrimen­ti anche chi non ha avuto danni sarà tra­volto ».

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