La notizia non è soltanto un concerto. Ovvio quello di Travis Scott al Circo Massimo di Roma, annunciato l'altra sera all'improvviso e già diventato un «must» dell'estate, è un evento che il 7 di agosto avrà puntati i riflettori del pianeta. Giusto per capirci, Travis Scott è un rapper americano da 45 milioni di copie, oltre cinquanta milioni di follower e miliardi di visualizzazioni. Anche se ha collaborato con Stevie Wonder, Ed Sheeran, Ozzy Osbourne e Justin Bieber, il pubblico nazionalpop sopra i quarant'anni magari lo conosce poco, ma si tratta di un peso massimo della musica che ha deciso (dopo il rifiuto di Giza) di fare la prima mondiale del proprio disco Utopia proprio in Italia. Non negli States. Non da altre parti. In Italia. La conferma di una centralità del nostro paese che, se mai c'è stata, è un ricordo lontano nel tempo. Per decenni siamo stati discograficamente alla periferia dell'impero con una produzione per lo più compressa tra i nostri confini e talvolta pure spernacchiata dalla stampa estera. Lentamente la situazione è cambiata. Oltre a Laura Pausini e Andrea Bocelli, che è un simbolo dell'italianità, ci sono i Måneskin che hanno indubbiamente attirato l'attenzione non solo sulla musica italiana (purtroppo non sono ancora riusciti a lanciare una «wave« musicale) ma proprio sull'Italia come luogo inimitabile per fare concerti. E non concerti qualunque. Concerti che diventano eventi. Travis Scott, che all'I-Days a Milano ha appena suonato sotto la pioggia di fronte a 80000 spettatori (dicesi ottantamila), non a caso «debutta» al Circo Massimo. È un luogo memorabile per qualsiasi pubblico e per qualsiasi carriera. Così come lo sono l'Arena di Verona o il Teatro Greco di Taormina o le Terme di Caracalla di nuovo a Roma o tante altre località come le antiche mura di Lucca che, con il tempo e con le giuste strategie, sono diventate attrazioni nelle attrazioni, luoghi spettacolari dove fare eventi spettacolari e di alto profilo.
E così la sinergia tra arte e luoghi dell'arte, tra artisti e località del concerto, contribuisce a portare l'Italia al centro di una scena per decenni appaltata soltanto al mondo anglosassone. La strada è quella giusta perché, nel rispetto dei vincoli ambientali, l'Italia diventi un teatro a cielo aperto della musica del mondo.
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