Motegi - Dopo il traguardo, si è fermato dai suoi amici, ha indossato la maglietta celebrativa con la scritta «scusate il ritardo» e la ricetta con gli ingredienti per una «zuppa mondiale», poi è andato alla scrivania dell'amico notaio, che ha certificato l'ottavo titolo mondiale con tanto di bollo e sigillo messi su un casco speciale. Bentornato Valentino Rossi!
«È bello, eccitante e divertente pensare a una maglietta per un altro titolo. È una scusa per divertirsi insieme ad Aldo Drudi (il genio della matita che da sempre colora gli oggetti di Valentino, ndr) e agli amici del fan club. E quando perdi tempo per trovare un'idea del genere, vuol dire che la stagione è stata davvero positiva».
È stato il suo anno migliore?
«Sicuramente il livello di concentrazione è stato il più alto della mia carriera».
Più difficile questo titolo o quello del 2004, al debutto con la Yamaha?
«Certamente sono i due più belli. In questo mi sono impegnato di più, l'ho voluto più fortemente, mentre quello del 2004 era stato più inaspettato, per certi versi più eroico. Però forse è meglio questo, perché allora arrivavo da tre mondiali consecutivi con la Honda e il titolo al debutto con la Yamaha è stata una sorpresa per tutti, anche per noi. Quest'anno, invece, non ero il favorito, perché nel 2007 Stoner era stato più veloce di noi e alla fine della stagione passata avevamo dei problemi. Abbiamo cambiato gomme e ricordo l'incontro con tutti gli ingegneri a Valencia dopo l'ultima gara: da lì siamo ripartiti e lavorando duramente siamo arrivati a questo livello».
È stata una stagione molto tirata e combattuta: qual è il momento chiave?
«Scelgo la gara di Laguna Seca. Si può dividere la stagione in tre periodi: all’inizio, era favorevole alle Michelin e noi siamo stati bravi a conquistare risultati importanti come a Jerez, in Portogallo o a Barcellona, prendendo un grande vantaggio su Stoner, il mio rivale più pericoloso. Poi, è arrivato il momento di Casey, che ha vinto tre Gp consecutivi e sembrava un demonio, imbattibile fino al warm up di Laguna. Lì c'è stata la battaglia tra me e lui e quel successo è andato ben al di là dei 25 punti, perché da lì in poi è iniziato il mio periodo, con cinque vittorie consecutive».
Tra tanti ingredienti per la «zuppa mondiale», quali sono stati fondamentali?
«La mia grande serenità e tranquillità, la voglia di vincere, una moto competitiva, gomme Bridgestone ottime, una squadra che aveva ancora più voglia di me di tornare ad affermarsi. Io ho messo insieme tutti gli ingredienti: questo titolo me lo sono proprio meritato. Mi mancava la soddisfazione del titolo».
Un anno così speciale non poteva che concludersi con un successo speciale...
«Sì, per questo ho pensato che bisognava vincere a tutti i costi, anche perché in gara mi sono trovato a battagliare prima con Pedrosa e poi con Stoner, i miei grandi avversari di quest'anno».
Cosa le hanno insegnato le sconfitte degli ultimi due anni e quali critiche di questo periodo le hanno dato fastidio?
«Sono cresciuto molto, ho imparato a perdere, che è una cosa fondamentale, nello sport come nella vita. Nel 2006 mi è stato rinfacciato di essermi distratto troppo con la Ferrari, anche se io avevo già deciso prima dell'inizio del campionato che avrei continuato a correre in moto, ma, effettivamente, avrei dovuto impegnarmi di più, mentre l'anno scorso mi è dispiaciuto che, dopo tanti anni di vittorie, venivo considerato come un pilota finito e vecchio, e Stoner come il nuovo fenomeno. Ma più che dispiaciuto non ero d'accordo. Credo che finché correrò, chi vuole vincere il titolo dovrà dire “devo battere Rossi”».
Ma tra i giovani emergenti, chi è il nuovo Valentino?
«Sinceramente spero nessuno! Speriamo che
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