Se la tira? Sì, se la tira. L’idea di snobbare le altre First Ladies del G8 e presentarsi direttamente all’Aquila, fa parte di quel birignao ideologico-mondano che Madame Sarkozy incarna alla perfezione, un combinato disposto di Terzo mondo e musica rock, lotta alla povertà e personal trainer, guerra alla fame e cibi vegetariani, con non più di una coppa di champagne ai pasti per mandar giù meglio i germogli di soia...
Gli abruzzesi sono gente tosta, non li ha piegati il terremoto, sopravviveranno alla iattura, miagolii e sorrisini, della First Lady che già fu italiana. Speriamo che a nessuno venga in mente di metterle in mano una chitarra, perché alla tristezza c’è pur sempre un limite e le nenie canore della cantante-presidentessa ispirano per lo più propositi di suicidio.
Non contenta, mentre le «prime donne» di Svezia e India, Giappone e Regno Unito, Stati Uniti e Messico sciamavano fra Vaticano e Campidoglio, la Première Dame di Francia ha pensato bene di farsi intervistare dal Guardian e dire la sua sull’Africa. Lei non è di quelle che vanno ai cocktails, girano per i musei e fanno compere nelle boutiques, ci mancherebbe... Lei ha a cuore le diseguaglianze, le malattie, la povertà. Non per nulla è ambasciatrice del Fondo mondiale per combattere l’Aids, la tubercolosi e la malaria. Anche il grande Lino Banfi è qualcosa di simile, ma non l’ha mai messa giù così dura.
Noi abbiamo molta simpatia per Carla Bruni. Ci piaceva quando sfilava come modella, ci siamo appassionati alle sue storie sentimentali, abbiamo stoicamente comprato i suoi dischi, ci siamo rassegnati al suo matrimonio con un marito-presidente bruttino e non proprio il massimo dell’eleganza, richiamandoci alla ragion di Stato. Vedevamo in lei una via di mezzo fra Caterina de’ Medici e il cardinale Mazzarino, due italiani che fra trono e alcova fecero la Francia...
Non ci aspettavamo però che quella che giornalisti impertinenti ribattezzarono per il suo allure Bonjour Stronsesse, adattando un calembour di Ennio Flaiano, si sarebbe data alla politica: un aiutino alla terrorista malata, un aiutino all’assassino in fuga, una polemichetta contro il suo Paese d’origine, cose così, fra un accordo di chitarra e l’altro... Adesso è la volta del G8 dei potenti e del Lamento per l’Africa, frasi fatte e niente più, naturalmente, ma si sa come vanno queste cose: più grande è la causa, più gode la retorica.
Domani l’ex italiana felice di non esserlo più sarà alla Chiesa di Santa Maria del Suffragio, il monumento scelto dalla Francia per contribuire alla ricostruzione con un investimento di oltre sei milioni di euro. L’Aquila non è l’Africa, ma bisognerebbe avvertire Carla Bruni che lei non è il dottor Schweitzer. E neppure Madre Teresa.
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