Salvatore Trapani
da Cannes
Il centro del film di Ron Howard Il Codice Da Vinci è speculare a quello deludente dell'omonimo bestseller di Dan Brown. Non basta comunque l'ironico distacco del regista alla conferenza stampa di ieri a Cannes verso alcune di queste tesi di Brown.
Il fulcro è il Cenacolo di Leonardo nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano (dipinto nel 1498). Il discusso affresco del pittore e ricercatore instancabile, realizzato con albumi mescolati a colore, da anni tarlo dei restauratori. Discusso proprio per questo, in senso empirico, artigianale e non iconografico. Dan Brown invece declassa quest'ultima cena a sorta di metaforico banchetto di nozze tra il Cristo e Maria Maddalena. Così la pura delicatezza dei lineamenti di San Giovannino, il Prediletto (per questo dipinto alla destra del Signore), viene travisata e imposta come figura femminile tout court; la Maddalena per l'appunto. Ma la concitazione nel Cenacolo, esprime in pittura il momento in cui Gesù presagisce che qualcuno dei discepoli sta per tradirlo. Da destra a sinistra - nell'affresco - è il putiferio: tutti si indicano e si interpellano. Quale mistero più grande - il compiersi delle sacre Scritture - poteva essere reso in modo più sentito? Invece è la baracconata delle scomposizioni al computer. Se si sposta San Giovanni a sinistra di Gesù combacia nella postura alla sagoma del Redentore. Il Prediletto (Maddalena per Brown) può così appoggiarsi alla spalla di Cristo, nel banale gioco degli spostamenti. Ma è il gioco delle presunzioni la vera tentazione del Codice Da Vinci. Dan Brown scimmiotta l'analisi fatta da Sigmund Freud nel suo celebre saggio intitolato Leonardo (ed. Bollati Boringheri). Da un sogno ricorrente del pittore - un avvoltoio che lo percuoteva con la coda sulle labbra - Freud tentò la psicanalisi.
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