C'è un libro (di Isotta) che spazza via l'immondizia musicale

Sta per arrivare in libreria il seguito della "Virtù dell'elefante", di Paolo Isotta: una grande opera di scienza sulla cultura del '900. E di maldicenza sull'intellighenzia

C'è un libro (di Isotta) che spazza via l'immondizia musicale

Sono a Venezia in Marsilio, la mia casa editrice, e giù dalle scale dell'ufficio stampa mi imbatto nientemeno che in Paolo Isotta. È qui per firmare le copie di Altri canti di Marte (in uscita a fine mese), molto voluminoso volume che segue il fortunato e non meno cospicuo La virtù dell'elefante , sempre Marsilio. Io mi approprio di una copia difettata, magari in futuro sarà una specie di Gronchi rosa, lui comincia a sbattere una penna stilografica (gesto che non vedevo da decenni) per smuoverne l'inchiostro e sulla prima pagina scrive «A Camillo con grata amicizia. Paolino». Appena il tempo di abbracciarlo, di complimentarmi per il lino del suo abito (sartoria Panìco, ovviamente Napoli) e scappo a prendere il treno prendendo la scorciatoia segreta che dalla Marsilio arriva direttamente in stazione evitandomi il rischio di rompermi una gamba sul pericoloso, scivoloso, criminoso ponte di Calatrava.

Per la prima volta mi sembra che il viaggio Venezia Santa Lucia-Parma, con cambio a Bologna Centrale, sia troppo breve: certo non abbastanza lungo per un libro di 450 pagine fitte di nomi di musicologi, pianisti, direttori, compositori, molti dei quali a me sconosciuti o passati di mente (Szymanowski! Chi era costui?) per cui sono costretto a consultare di continuo internet. È un impegno ma anche un buon segno: se un libro contiene solo cose note a che scopo leggerlo? Non è meglio farsi una bella passeggiata? Arrivo a Parma e mi dispiace dover prendere la bicicletta perché in bicicletta non si può leggere, in taxi invece avrei potuto. Solo a casa posso rituffarmi nel meraviglioso pozzo di scienza e maldicenza.

Innanzitutto la scienza. Parlando di Isotta non può trattarsi che di scienza musicale. Cruciali sono le pagine su Alfano (niente equivoci, questo Alfano si chiama Franco e non ha mai fatto il ministro): «Se definivo Alfano il più grande compositore italiano del Novecento, adesso è per me uno dei più grandi compositori del Novecento assolutamente». Un comune mortale, un uomo magari anche colto ma non eccelso musicologo quale Isotta, Franco Alfano se lo ricorda, ammesso che se lo ricordi, come colui che completò la Turandot dopo la morte di Puccini. Una specie di surrogato, un artigiano chiamato a mettere una pezza all'opera del genio. Grave errore. Secondo Isotta il finale alfaniano non solo non è inferiore allo spartito pucciniano, è addirittura superiore. Perché «la musica del Novecento non si conosce per intero se si ignora la vera attività di Alfano, sommo compositore di musica strumentale oltre che teatrale». Di fronte ad affermazioni simili è inevitabile fare la figura degli ignoranti e il primo degli ignoranti sono io che pateticamente ho cercato di mettermi in pari precipitandomi ad ascoltare la Sonata per violoncello e pianoforte del 1925 (su Youtube, roba da vergognarsi...). Ma in Altri canti di Marte il ribaltamento è completo, non riguarda solo il ranking di Alfano, leggendo il cruciale capitolo XVII ho saputo che in cima al Novecento siedono inoltre George Enescu, il già citato Karol Szymanowski, Ottorino Respighi e Gino Marinuzzi. Ma non erano tedeschi, austriaci, russi, i giganti del secolo scorso? No, erano soprattutto italiani e se lo dice Isotta nessuno può confutarlo, primo perché di musica colta il nostro uomo sa tutto, e lo dimostra un indice dei nomi che ammazzerebbe un bue, secondo perché è meglio non contrariarlo. A farlo innervosire si rischia. La Rizzoli gli ha respinto un libro? «Ha ben meritato la fine che ha fatto». Alcuni dirigenti della Mondadori non lo hanno assecondato? «La permalosità di San Gennaro ha indotto la nuova gestione a licenziarli».

Il cattolicissimo Isotta è anche napoletanamente paganissimo e crede che il Santo a cui è devoto sia pronto a schiacciare i suoi nemici veri o presunti. E comunque dove non arriva la maledizione di San Gennaro arriva la penna più tagliente delle Due Sicilie, strumento della maldicenza succitata: «Il pagliaccesco pianista Lang Lang», «riviste musicali fatte da cretini o per cretini che si chiamano Amadeus , Classic voices , Piano time. ..», «Il mezzo uomo Stefano Caldoro» (evocando l'ex presidente della Regione Campania), «un disgraziato narrante» (lo scrittore Francesco Piccolo, siccome in Altri canti di Marte alla critica musicale si aggiunge sovente la critica letteraria)...

E per Ferruccio De Bortoli, suo ex direttore al Corriere della sera , c'è un giudizio col veleno nella coda: «Egli ha garantito al mio contributo il massimo rilievo» ma «ho da rimproverargli di aver tollerato che soggetti pessimi facessero invereconde marchette nella pagina degli Spettacoli».

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