Le toghe vogliono decidere pure gli stipendi. Assist della Cassazione sul salario minimo

Per il verdetto i giudici possono stabilire le retribuzioni in base alla Costituzione Esultano Schlein e Conte. Il ministro Calderone: «Già rinnovati molti contratti»

Le toghe vogliono decidere pure gli stipendi. Assist della Cassazione sul salario minimo
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Le opposizioni stappano spumante ideologico per una sentenza della Cassazione. Una pronuncia che apre al salario minimo. In un’Italia in cui la separazione dei poteri non è, almeno per una certa parte politica, un tema così sentito, succede anche questo. In sintesi: il caso esaminato è quello di 8 dipendenti di una cooperativa che si occupa di vigilantes e di portineria. I lavoratori sollevano la distanza tra la contrattazione collettiva che riguarda il loro settore e l’articolo 36 della Costituzione. Quello che per intenderci recita: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa». In prima istanza, il giudice prende le parti dei lavoratori. Il secondo grado corrisponde a un’inversione di marcia della Corte d’Appello.

Ma la Cassazione conferisce di nuovo la ragione ai dipendenti della cooperativa. E stabilisce che un magistrato può individuare un «salario minimo costituzionale». Il tutto dopo aver fotografato l’esistenza di situazioni da «lavoro povero». Per Pd e compagni diventa una fase di giubilo. La Schlein è tra le prime a prendere posizione: «Arriva dalla Cassazione, con una sentenza storica, una indicazione che conferma la necessità e l'urgenza di stabilire un salario minimo secondo i principi stabiliti dalla Costituzione». Poi ci si mette anche il leader di Azione Carlo Calenda, che si è scoperto un sostenitore di questo tipo di diritti sociali: «Con la sentenza che conferma la necessità di un salario minimo legale, la Cassazione è arrivata dove invece fino a ora il governo ha temporeggiato», incalza.

Il M5S non fa quasi notizia in materia: «Questa pronuncia segna cambio di passo decisivo, perché dice a chiare lettere che da sola la contrattazione collettiva non può bastare», osserva la formazione guidata da Giuseppe Conte. Il tema è questo: la soglia di «dignità» può essere superiore a quanto disposto dal contratto collettivo. E questo principio, per le sinistre, spalanca la legittimità del salario minimo.

Misura che però, secondo il governo e la maggioranza di centrodestra, potrebbe rivelarsi un boomerang sociale. Il premier Meloni ha già motivato il perché: c’è il rischio concreto che gli stipendi alzati siano meno rispetto a quelli abbassati. E questo una volta approvata la misura. In ogni caso, l’esecutivo non è fermo. E sta aspettando il Cnel. «Il salario minimo per legge dimentica la contrattazione che ha dato luogo a una stagione importante di rinnovi», ha fatto presente ieri il ministro del Lavoro Marina Calderone. E dunque - ha aggiunto il titolare del dicastero al Tg4 - bisogna «tenere conto dei giudici quando dicono che la contrattazione da sola non basta. Questo è il lavoro che farà il Cnel».

Un lavoro che per il ministro è «a buon punto».
L’intenzione della maggioranza resta quella di migliorare la contrattazione, come specificato in serata dal viceministro del Lavoro e delle politiche sociali Maria Teresa Bellucci.

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