Mamma non richiama il figlio: un mese di carcere

Per il giudice è violazione degli obblighi familiari: il ragazzo, 15 anni, aveva invano cercato la madre con il cellulare

Patricia Tagliaferri

da Roma

Di solito sono i papà ad avere la peggio nelle cause di separazione. E se c’è un figlio di mezzo sono loro, il più delle volte, a dover provvedere al mantenimento della prole. Altrimenti sono guai: le ex mogli, alle quali di prassi sono affidati i pargoli, non perdonano. Soprattutto quando si parla di soldi. Ma capita anche, come in questo caso, che sia la mamma ad avere la peggio. Che il figlio sia affidato al padre e che a lei tocchi contribuire al suo sostentamento. Raro, ma non impossibile. Quel che è davvero strano è che una madre venga condannata ad un mese di reclusione per violazione degli obblighi di assistenza familiare per non aver richiamato subito sul cellulare il figlio quindicenne che le aveva fatto uno «squillo». Per i giudici della V sezione del Tribunale penale di Roma, non richiamando il ragazzo e non corrispondendogli il 50 per cento di alcune spese straordinarie, la signora in questione avrebbe violato gli obblighi di assistenza familiare. Testimone decisivo, durante il processo, è stato proprio lui, il figlio. La sentenza è arrivata lo scorso 7 aprile. Una doccia fredda per G.D.P., 46 anni, romana, in rotta con l’ex compagno da quando nel 2000 lui l’ha denunciata accusandola di essere venuta meno agli obblighi di assistenza morale e materiale nei confronti del ragazzo allora sedicenne, affidato a lui. La donna non avrebbe dato il dovuto per alcune spese extra, come concerti, pub, vacanze. Ma soprattutto non lo avrebbe chiamato al cellulare, nonostante i ripetuti squilli del giovane che tentava di contattarla presso il negozio in cui lavora la donna. Un aspetto, quello delle telefonate mai arrivate, che ha fatto molto presa sui giudici. «Lui telefonava alla madre - scrivono infatti nella sentenza - e lei non richiamava al telefonino. Diceva che avrebbe telefonato ma non lo faceva mai». Ovviamente la donna è rimasta senza parole quando ha letto il perché della condanna. E non solo perché era certa di aver dimostrato in udienza, matrici degli assegni alla mano, che in un anno e mezzo ha dato al figlio almeno quindicimila euro, ma anche perché non si sarebbe mai sottratta ai suoi doveri di madre, soprattutto negandosi al telefono.

Certo i rapporti tra madre e figlio non erano sempre idilliaci, a suo dire grazie anche allo «zampino» del papà, che non metteva mai una parola buona, ma da qui a sostenere che aveva praticamente abbandonato il figlio ce ne passa. Ovviamente la signora non demorde. Ha già incaricato il suo nuovo avvocato, Giacinto Canzona, di impugnare la sentenza in appello.

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