"Con Marina Gargano parte la mia ultima sfida"

Intervista a Emanuele Rinaldi. L’ex direttore di Marina di Varazze: "Non mi piacciono i porti esclusivi a cinque stelle. Piccolo è bello, ma lo sogno inclusivo"

"Con Marina Gargano parte la mia ultima sfida"

«È la mia ennesima sfida, un progetto in cui credo ciecamente, una scelta che va al di là dell’aspetto economico».
Il nuovo progetto di Emanuele Rinaldi, già direttore di Marina di Varazze per 5 anni, si chiama Marina Gargano. È in costruzione - sarà pronta a fine anno - a Siponto, nel golfo di Manfredonia, a fianco del porto commerciale, ai piedi dello Sperone. L’idea è nata da sei imprenditori locali molto importanti, che in parte con capitali propri e in parte con fondi europei, hanno deciso di costruire questa struttura.
Dottor Rinaldi, perché questa sfida in tempi di crisi? È vero che la tassa di stazionamento non c’è più, ma basterà?
«Adesso guardiamo il bicchiere mezzo pieno, da come si erano messe le cose... Lo scenario è cambiato. Credo che la nuova realtà sia sostenibile. Ma la nautica turistica italiana, a mio parere, deve fare ancora parecchi passi avanti. Lo dico come professionista del settore. Deve crescere, specializzarsi, professionalizzarsi nella gestione. Abbiamo eccellenti costruttori, eccellenti progettisti, grandissimi cantieri nautici, ma non siamo ancora riusciti a capire che per far funzionare un porto, per rivalutare un territorio, c’è bisogno di professionisti. All’estero lo hanno capito da anni. Qui non abbiamo una scuola, non abbiamo una certificazione. Io sono onorato di essere l’unico in Italia a essere “certificato” come direttore di porto. Uno degli otto ispettori al mondo autorizzati a certificare i porti».
Perché un diportista dovrebbe portare la barca sul Gargano?
«Il mercato sta andando verso una selezione, chi offrirà i servizi migliori, chi offrirà di più in fatto di emozioni sarà premiato. Oggi il turista non viene più perché costretto. Pretende di “vivere” qualcosa. Sento parlare di marina esclusivi, cinque stelle eccetera. L’idea che io ho di Marina del Gargano è sì quella di avere un porto con tutti i servizi, locali commerciali e tutto ciò che può servire al diportista. Ma voglio farne un porto “inclusivo”: delle persone, delle attività, delle emozioni, non solo per i diportisti. Insomma, posso dire al cliente: compreso nel prezzo io posso regalarti il territorio. Che non è in vendita... Ma può offrirti percorsi in bicicletta, a cavallo, escursioni per ammirare le orchidee selvatiche in una zona particolare. E ancora: ti porto a fare yoga in un vecchio monastero, a vedere come si produce l’olio o come si fanno le mozzarelle. O un percorso religioso. Siamo infatti a 15 minuti di strada da San Pio. Ma sono solo alcuni esempi. Il Gargano è ricco di spiagge fantastiche, meravigliose grotte e altre bellezze naturali. Senza contare che a poche miglia, qui di fronte, abbiamo le isole Tremiti».
Secondo un’indagine dell’Osservatorio Nautico Nazionale i grandi marina non sono più di moda. Piccolo è davvero bello?
«Qui abbiamo 700 posti barca, e quindi andiamo proprio in questa direzione. Se proprio vogliamo mettere mano ai numeri, ci rendiamo subito conto che in tutto il mondo ci saranno al massimo 150-160 superyacht. Noi dobbiamo rivolgerci alla nautica dei 10, 12, 15 metri, la nautica “umana” e sostenibile, per intenderci. Il nostro obiettivo è coinvolgere il territorio. Che non è fatto di megayacht, ma di appassionati che più semplicemente vogliono godersi la loro barca. Ovviamente faremo comunicazione e ricerca per attirare una clientela che non sia solo locale. Anche i milanesi, ad esempio, stanno scoprendo la Puglia. Metteremo in condizioni i clienti di arrivare qui facilmente, andando a prenderli in aeroporto singolarmente - quello di Bari è a un’ora di strada - non con il servizio navetta».
Lo Stato non agevola un settore che potrebbe creare ricchezza. È come se gli arabi se ne fregassero del petrolio...
«La metafora calza perfettamente. Gli arabi non produrrebbero mai sabbia infischiandosene del petrolio... È incomprensibile che i governi centrali e le amministrazioni locali non abbiano mai guardato con rispetto, non dico con un occhio di riguardo, a questo settore.

Per tutto quello che può dare, specialmente in momenti come quelli che stiamo vivendo: di crisi profonda e di 'tartassazione'. Si creerebbe solo occupazione. E da queste parti la fame di lavoro è ancora più accentuata rispetto ad altre regioni italiane».

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