Poniamo il caso che la paradossale iniziativa di Italo Bocchino nei confronti del Giornale e dei suoi redattori avesse un qualche fondamento logico. Poniamo il caso che citare un personaggio politico in un articolo o in un titolo avesse veramente qualcosa a che fare con lo stalking , con le molestie e che non si trattasse di pura e semplice libertà di stampa, costituzionalmente prevista. Se questa ipotesi si avverasse, ci si aprirebbe un mondo nuovo davanti agli occhi. Ad esempio, si potrebbe leggere in modo diverso la particolare «attenzione» riservata da Repubblica nei confronti del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconii, e chiamarla in un modo diverso. A fare il conto ci ha pensato il blog Il Fazioso.com che ha analizzato le scelte di impaginazione del quotidiano romano dal primo al 31 gennaio scorso. Il risultato è sorprendente, ma fino a un certo punto. Il Cavaliere batte tutti con 1.007 citazioni e 94 titoli con il suo nome. I «concorrenti» più vicini sono staccatissimi. Sono il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (244 citazioni e 32 titoli) e il governatore pugliese Nichi Vendola (265-26). In fondo, Repubblica è così. C’è Berlusconi un po’ dovunque. E sempre. Nelle intercettazioni pubblicate facendo «copia e incolla». Nelle articolesse di Giuseppe D’Avanzo e nelle sue macchinose elucubrazioni. Nei severi editoriali del direttore Ezio Mauro e nelle lunghe omelie domenicali del fondatore Eugenio Scalfari. Nei resoconti sui dati macroeconomici se il pil non cresce abbastanza, la colpa è di Berlusconi. Anche nelle interviste ai personaggi dello spettacolo e della cultura c’è sempre una buona occasione per criticare i costumi e la politica del presidente del Consiglio. Anche quando si dà notizia della riunione dei banchieri presso la sede romana dell’Abi l’occasione è buona per ricordare che si trova a pochi passi da Palazzo Grazioli, residenza di Silvio Berlusconi. Se il premier - per paradosso - utilizzasse gli stessi parametri di valutazione di Italo Bocchino, potrebbe intentare una causa dello stesso genere nei confronti di Repubblica . In quel caso, però, sarebbe facile immaginare la mobilitazione fuori e dentro i palazzi, nelle piazze per «leso scalfarismo». Ma si tratta, ovviamente, di un paradosso: qui si parla di libertà di stampa e ciascuno sceglie liberamente gli argomenti più interessanti. Quando l’oggetto degli articoli si ritiene diffamato, può eventualmente sporgere querela. Come ha fatto Berlusconi nei casi in cui ha pensato che il diritto di cronaca e di critica avesse travalicato i suoi limiti naturali. Ma il presidente non ha mai accennato a una persecuzione, a uno stalking , a un comportamento paranoide di Repubblica e dei suoi giornalisti. Nonostante quelle 1.007 citazioni siano di gran lunga superiori a quelle collezionate nello stesso periodo da parte del Corriere (620) e della Stampa (491). Perché Berlusconi sa bene di essere un personaggio che fa notizia e non s’è fatto mai travolgere dagli intenti velatamente censori del vicepresidente di Fli. Anche perché la notiziabilità berlusconiana su Repubblica ha un altro risvolto.
Il Cavaliere a gennaio sul quotidiano di Ezio Mauro ha sorpassato Bersani (209 citazioni - 26 titoli), Casini (211 - 9), Fini (84- 16) e Di Pietro (43 - 4). La sinistra e il «terzo polo» non fanno notizia o ne fanno di meno. E se la fanno, come nel caso del presidente della Camera e del suo numero due, è solo perché parlano di Berlusconi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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